Roma (NEV), 20 giugno 2017 – In difesa della “casa comune” bisogna salvare le foreste tropicali dal cambiamento climatico e dalla deforestazione: a lanciare ieri l’allarme sono stati esponenti religiosi e leader di popolazioni indigene di 21 paesi riuniti da Oslo (Norvegia).
E’ la prima volta che leader protestanti, cattolici, ebrei, musulmani, buddisti e di altre comunità di fede si siedono ad un tavolo con i capi indigeni del Brasile, Perù, Colombia e Repubblica democratica del Congo per lanciare un appello congiunto: serve un’urgente azione a favore della protezione delle foreste pluviali e contro le deforestazioni.
Presente per l’occasione non solo il segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), Olav Fykse Tveit, e il presidente della Pontificia Accademia delle scienze, mons. Marcelo Sanchez Sorondo, ma anche la “Special Rapporteur” delle Nazioni Unite per i diritti delle popolazioni indigene, la filippina Vicky Tauli-Corpuz. “Molte tra queste religioni dominanti hanno partecipato alle colonizzazioni delle nostre comunità – ha spiegato Tauli-Corpuz -, ecco perché è importante oggi che portino il loro sostegno alle popolazioni indigene che sono anche i principali guardiani delle foreste pluviali”.
Al termine dell’incontro – organizzato tra gli altri dall’Iniziativa internazionale per le foreste e il clima di Norvegia e dal Programma ONU per lo sviluppo, in collaborazione con il CEC e il Forum sulle religioni e l’ecologia della Yale University – i partecipanti si sono dati appuntamento nel 2018 per il vertice globale interreligioso sulle foreste pluviali (Global Interfaith Rainforest Summit) nel corso del quale sarà elaborato e presentato un piano d’azione.