Roma (NEV), 28 marzo 2012 – Si è concluso ieri a Manila (Filippine) l’incontro preassembleare della Commissione per la missione e l’evangelizzazione globale (CWME) del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC). Dal 22 al 27 marzo oltre 200 esperti provenienti da tutto il mondo e appartenenti a diverse tradizioni cristiane si sono ritrovati nella capitale asiatica attorno al tema generale “Insieme verso la vita: missione ed evangelizzazione in contesti che cambiano”. In particolare, i partecipanti hanno discusso la bozza di un documento che verrà presentato all’Assemblea generale del CEC, in programma a Busan (Corea) nel 2013, per offrire una visione della missione cristiana rinnovata e adeguata ai tempi. Un’esigenza, quest’ultima, altamente sentita, considerando che l’ultimo testo del genere prodotto dalla CWME risale al 1982.
“Negli ultimi trent’anni i concetti di missione ed evangelizzazione sono molto cambiati – conferma il pastore Jooseop Keum, segretario del CWME -. Con il nuovo documento vogliamo evidenziare le nuove sfide che il mondo di oggi presenta alle chiese”. Molti interventi nei sei giorni di lavoro hanno sottolineato la necessità di assumere nella definizione di missione i concetti di dinamismo, trasformazione e diversità, nonché inserirla in una visione dell’azione salvifica di Dio che riguarda tanto gli esseri umani quanto il creato. Come ha sottolineato nel suo intervento il segretario generale del CEC, pastore Olav Fykse Tveit, “il Dio della vita è un Creatore che ci guida verso la giustizia, la verità, la grazia e la pace del Cristo risorto”. Particolare enfasi è stata poi data dal documento al concetto di spiritualità trasformativa: “La spiritualità della missione è sempre trasformativa. Lo Spirito di Dio ha il potere di provocare e sostenere il movimento che va da una situazione di morte alla nuova vita in Cristo. La spiritualità della missione è orientata alla trasformazione di tutti i valori e i sistemi che distruggono la vita”.
Un concetto che lo stesso Tveit ha ripreso nel suo intervento ribadendo che la missione parte dai margini e dalle periferie del mondo dove si manifestano “le realtà che negano la vita e riducono in schiavitù gli esseri umani”. Per questo chi vive nei luoghi di frontiera del mondo deve giocare un ruolo privilegiato nella definizione di che cosa sia la missione: “la chiesa ha infatti il compito di riconoscere le persone marginalizzate non solo come oggetti ma anche come soggetti attivi della missione”, ha concluso Tveit.