Roma (NEV), 23 gennaio 2013 – “Dove c’è stata incomprensione e sofferenza, là ci siano riconciliazione e pace”. Sono queste le parole della lapide posta domenica 20 gennaio a Favale di Malvaro (GE), piccolo borgo dell’entroterra di Chiavari, per chiudere una storia di intolleranza che da 160 anni attendeva di essere sanata. Non c’è infatti protestante italiano che non conosca i Cereghino del Favale, famiglia di cantastorie che costituì nel paesino ligure una piccola ma significativa presenza protestante, in particolare valdese. I Cereghino che, nei loro spettacoli raccontavano le storie della Bibbia, vennero duramente perseguitati dai loro compaesani, tanto che l’allora parroco di Favale li denunciò per cospirazione contro la religione di Stato, accusa che pagarono con il carcere. Eventi lontani, rinnovati però ogni giorno dalle parole di una lapide eretta nel 1853 nel Santuario della Madonna del Rosario “a guardia del cattolico dogma, contro la qui intrusa valdese eresia”.
E’ proprio sotto quella iscrizione che in una cerimonia, a cui hanno partecipato monsignor Alberto Tanasini, vescovo di Chiavari, il parroco di Favale, don Gianemmanuele Muratore, e Carlo Lucarini, rappresentante della chiesa battista di Chiavari (la chiesa evangelica che ha raccolto l’eredità dei Cereghino), è stata posta la nuova lapide. “L’idea di questo gesto storico è venuta da parte cattolica – spiega Carmine Bianchi, pastore a Chiavari fino allo scorso settembre -. “Nel corso del 2012 la nostra chiesa a Chiavari ha celebrato il suo Centenario e questi ci ha riportati a Favale dove abbiamo incontrato don Muratore che ha da subito espresso il desiderio di un gesto di riconciliazione per chiudere quella brutta vicenda del passato”.
Il vescovo Tanasini ha accolto la proposta e, cogliendo anche l’occasione del Cinquantennale del Concilio Vaticano II, ha presieduto alla cerimonia di posa della nuova lapide. “Non sta a noi giudicare quegli avvenimenti lontani – ha detto Tanasini riferendosi ai fatti storici -. Oggi abbiamo voluto fare un gesto di incontro: offrire una mano tesa, che è già stata stretta dall’altra parte”.