Roma (NEV), 29 maggio 2013 – “Con lealtà verso i nostri rispettivi paesi, come cristiani arabi abbiamo sempre contribuito allo sviluppo delle nostre società, portando speranza in situazioni disperate”. Lo ha affermato Munib A. Younan, vescovo della Chiesa evangelica luterana di Giordania e Terra Santa, nonché presidente della Federazione luterana mondiale (FLM), nel corso della Conferenza internazionale sulla situazione dei cristiani in Medioriente promossa dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e dal Consiglio delle chiese del Medioriente (MECC) a Beirut (Libano), dal 23 al 25 maggio. “Non viviamo con una mentalità del ghetto, né con una mentalità di chi ha un complesso di minoranza – ha aggiunto Younan, precisando come il processo innescato dalle primavere arabe sia in realtà al centro dell’attenzione di ogni cristiano arabo e mediorientale. Per i cristiani le sfide attuali in Medioriente rappresentano un momento storico cruciale, dice Younan, che addirittura parla di “kairòs”: “Per noi è un’opportunità per ricordare al mondo intero che i conflitti nel Medioriente non sono religiosi. Sappiamo che l’estremismo non appartiene ad una religione soltanto e che più di un popolo è capace di violenza”.
Augurandosi un maggiore impegno nel dialogo tra cristiani e musulmani, ai 150 rappresentanti di chiese e di organizzazioni ecumeniche riunite per l’occasione, Younan ha sottolineato l’importanza del dialogo con tutte le fedi monoteiste della regione. Mentre alle chiese cristiane nel mondo, in particolare dell’Occidente, ha lanciato un appello all’azione: “Siamo stanchi delle chiacchiere, ora vogliamo fatti”. Il segretario generale del MECC, Michel Jalkh, ha ricordato come la presenza dei cristiani in Medioriente non è né recente, né accidentale, ma che ha profonde radici storiche. “La nostra sofferenza deriva esattamente da questo profondo legame con le nostre società. Niente potrà separarci dall’amore che abbiamo per i nostri paesi e i nostri concittadini siano essi cristiani o non cristiani”.
Il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del CEC, ha ricordato come sulle questioni della pace e della giustizia lo stesso CEC sia da tempo fortemente impegnato nella regione, in particolare sul fronte israelo-palestinese. Forte preoccupazione invece è stata espressa per la situazione in Siria: “Siamo di fronte al fallimento della comunità internazionale che non è stata capace di trovare una soluzione politica per evitare la tragedia alla quale stiamo assistendo”. I partecipanti alla conferenza in uno statement hanno condannato il rapimento dei due vescovi ortodossi siriani. La conferenza si è conclusa con l’approvazione di un documento congiunto che chiama le chiese “a continuare ad impegnarsi a favore della costruzione di società democratiche, basate sullo stato di diritto, la giustizia sociale e il rispetto per i diritti umani, compresa la libertà religiosa”.