Roma (NEV), 23 luglio 2014 – E’ con profonda preoccupazione che il Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) guarda all’esodo dei cristiani dalla città irachena di Mosul. “E’ una tragedia sia per i cristiani sia per i musulmani”, ha dichiarato il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del CEC, in un comunicato stampa dello scorso 21 luglio. “E’ con grande dolore che assistiamo a quella che sembra la fine della presenza cristiana a Mosul, in un luogo che è stato sede di una comunità cristiana fin dai primissimi secoli del cristianesimo”, ha aggiunto Tveit.
La minaccia dell’autoproclamato Stato islamico dell’Iraq e della Siria di passare per le armi i cristiani, a meno che non si convertano all’islam, paghino la Jizya (la tassa di compensazione per i non musulmani) o lascino la città, riguarda anche altre minoranze religiose. Per questo Tveit ha invocato le preghiere di tutte le chiese membro del CEC “per l’intero popolo iracheno, specialmente per chi, appartenendo a una minoranza religiosa, tanto cristiana quanto musulmana, è costretto a lasciare la propria casa”.
Tveit ha infine ricordato una recente dichiarazione del Comitato centrale del CEC, riunitosi a inizio luglio a Ginevra, che esprimeva il sostegno dell’intero movimento ecumenico alle chiese cristiane irachene, auspicando per l’intera regione “l’inizio di un processo politico inclusivo per rafforzare i diritti umani fondamentali, con particolare riferimento alla libertà religiosa”.