Roma, 22 gennaio 2015 (NEV/CS04) – “Se le religioni finiscono per occupare un posto così importante nella scena pubblica, è giusto che si ragioni su come conoscerle in termini appropriati e rigorosi. L’idea di un insegnamento laico delle religioni non è nuova ma oggi ci pare più urgente e ancora più necessaria per combattere tanto un avvilente analfabetismo religioso che i pregiudizi e le superficialità con cui improvvisati analisti discettano di temi che meritano specifiche competenze”. Così Paolo Naso, coordinatore della Commissione studi della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e docente di Scienza politica alla Sapienza – Università di Roma dove coordina anche il Master in Religioni e mediazione culturale, commenta a caldo l’articolo di Vito Mancuso pubblicato su La Repubblica di oggi. “L’Italia non può più permettersi di sprecare un’occasione così importante come l’ora di religione” – afferma il teologo cattolico sulle colonne del quotidiano – e pertanto “occorre trasformare l’ora attuale da insegnamento della religione cattolica in un’ora in cui siano presentate ‘tutte’ le religioni…. Quest’ora di ‘religioni’, in cui non si tratta di credere ma di conoscere, deve essere obbligatoria e avere la medesima dignità curricolare delle altre”.
“La proposta di Mancuso – prosegue Naso – ha solidi precedenti: penso a vari convegni svolti a Brescia per iniziativa di Cem Mondiliatà, e presso l’Abbazia di Vallombrosa: penso anche all’impegno di alcune università italiana che hanno proposto specifici percorsi di studio in Scienze storico religiose, o ai volumi pubblicati da vari studiosi: tra gli altri, il protestante Ermanno Genre e il cattolico Flavio Pajer. Inserire le religioni nei normali percorsi di studio non è un cedimento confessionale – prosegue Naso – ma al contrario sarebbe una prova della forza inclusiva e formativa della laicità. Sempre che sia una laicità della competenza – per dirla con Regis Debray – e non dell’ignoranza. Ben venga, allora, la proposta Mancuso: l’importante è che si rompa il tabù di un’ora di religione confessionale i cui limiti sono sempre più evidenti. La disponibilità dei vertici della Chiesa cattolica italiana a ragionare in termini nuovi di scuola e ‘religioni’ sarebbe un grande segnale di apertura e di comprensione della rilevanza del pluralismo culturale e religioso di cui siamo tutti testimoni”.