Stefano Bertuzzi, segretario FGEI. Evangelizzare perché

Roma (NEV), 6 maggio 2015 – E’ in corso la “Settimana di evangelizzazione” delle chiese metodiste e valdesi. Quest’anno l’appuntamento, alla sua seconda edizione, si svolge dal 4 all’11 maggio e vede la partecipazione di numerose comunità su tutto il territorio nazionale. Il versetto biblico scelto per il 2015 è tratto da Galati 5: 22 “I frutti dello Spirito sono: amore, gioia, pace”.

La Federazione giovanile evangelica in Italia (FGEI), che unisce giovani battisti, metodisti, valdesi e luterani, ha dedicato il proprio Campo studi nazionale – tenutosi a Ecumene (Velletri, RM) dal 30 aprile al 3 maggio – al tema dell’”evangelizzazione”. Il titolo del campo: “Un passo indietro. Evangelo: vocazione, direzione, federazione”. Abbiamo intervistato il segretario nazionale della FGEI, Stefano Bertuzzi, per sentire come i giovani – oltre 100 – che hanno partecipato al campo intendono oggi l’evangelizzazione nella loro vita di credenti.

Perché la FGEI ha deciso di interrogarsi sul tema dell’evangelizzazione, dedicandovi uno dei momenti più importanti, il Campo studi nazionale?

Il desiderio di affrontare questo tema è nato quasi per caso durante il precedente Campo studi in un laboratorio dedicato ai flash mob. Quel seme è poi sbocciato con forza dirompente durante lo scorso Congresso, segno che la FGEI sentiva fortemente il bisogno di affrontarlo. E trovo bellissimo che ciò sia accaduto mentre le chiese “adulte” lavorano in maniera sempre più convinta sull’evangelizzazione.

Ci sono state idee contrastanti, paradigmi differenti, su cosa voglia dire evangelizzare oggi?

Più che idee contrastanti direi che ci sono diversi significati che vengono dati a tale concetto così come ci sono molti modi di concepirlo e di metterlo in pratica, ma tutti vengono ritenuti importanti e non necessariamente in contrasto tra loro. L’unico rischio concreto è quello di trasformare l’evangelizzazione da annuncio della lieta novella a mera propaganda verso l’una o l’altra denominazione: questo lo si vuole fortemente evitare.

Alla luce dei lavori, quali parole chiave, progetti, punti fissi per il futuro, sono emersi?

Alcune parole sono certamente emerse con forza: tra esse “relazione”, “comunicazione efficace”, ma anche “dubbio”, inteso come quel sano interrogarsi che permette di relazionarsi con l’altro e l’altra. Può stupire poi molto l’esclusione di alcuni termini, apparentemente non unanimemente ritenuti tra i più importanti in questo ambito: tra essi “chiesa” e “grande mandato”; parole forse troppo grandi per ragazzi e ragazze che concepiscono l’evangelizzazione soprattutto come condivisione di una parte importante di se stessi e se stesse. Per i giovani e le giovani, infatti, evangelizzazione sembra soprattutto questo: il voler raccontare a chi ci sta attorno qualcosa che cambia la vita, arricchendola e riempiendola di significato. Qualcosa che ci permette di essere quel “sale della terra” di cui a lungo abbiamo discusso durante il campo. Concretamente ciò significa ripartire dal locale, dalle proprie chiese, dai propri contatti, dagli amici e dalle amiche, cercando di mettersi in relazione con il prossimo e senza tuttavia dimenticare le possibilità offerte anche dai nuovi media – sempre più utilizzati dai/dalle giovani ma non solo – i quali, se usati con intelligenza, possono aiutare a mantenere e arricchire le relazioni personali e collettive.