Roma (NEV), 16 marzo 2016 – Dal 1° al 4 marzo scorsi una delegazione ecumenica promossa dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e dalla Conferenza delle chiese di tutta l’Africa (CETA) si è recata in una visita di solidarietà in Burundi. Quattro giorni di incontri per portare “un messaggio di pace e incoraggiare tutte le parti in causa a promuovere l’unità nazionale e la riconciliazione”, ha spiegato il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del CEC, che ha guidato la delegazione nel paese africano. Il Burundi è da mesi prigioniero di una escalation di violenze nate dalla vittoria elettorale del presidente Pierre Nkurunziza che si è presentato per il suo terzo mandato consecutivo, violando così gli accordi di pace di Arusha che nel 2000 posero fine a dodici anni di guerra civile. Una situazione i cui contorni sono “drammaticamente familiari” anche perché il conflitto tra i due schieramenti politici rischia di riaccendere le rivalità etniche tra tutsi e hutu. “Continuiamo ad essere particolarmente preoccupati per le gravi violazioni dei diritti umani che si verificano in Burundi – ha precisato Tveit -. Per questo abbiamo offerto la disponibilità della famiglia ecumenica internazionale a promuovere ogni sforzo di pace e ad accompagnare il dialogo”.
La delegazione ha incontrato rappresentanti delle chiese e del mondo religioso, rappresentanti dell’opposizione e del governo, ai quali ha lanciato “l’appello a ritirarsi dal sentiero della violenza e della divisione per percorrere quello della pace e dell’unità”. Della delegazione ecumenica, oltre a Tveit, hanno fatto tra gli altri parte Valentine Mokiwa, presidente della CETA; il pastore Frank Chicane, rappresentante della CETA e già presidente del Consiglio delle chiese del Sudafrica negli anni della caduta dell’apartheid; Agnes Aboum, moderatora del Comitato centrale del CEC. Negli stessi giorni era presente in Burundi anche una delegazione anglicana guidata dall’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby.