“Ti piace ancora il mare Alieu?”

di Alice Anzivino, osservatorio Mediterranean Hope sulle migrazioni mediterranee

Lampedusa, Agrigento (NEV), 16 marzo 2016 – Alieu con gli occhi rossi guarda verso il mare. E’ un bel ragazzo alto, sempre sorridente, lo chiamano Spices i ragazzi che con lui sono trattenuti nell’hotspot, è un concentrato di energia.

Abbiamo fatto una passeggiata per Lampedusa, dopo una giornata indimenticabile passata a suonare percussioni, ballare, cantare insieme ad altri ragazzi arrivati dalla Libia qualche settimana fa e a musicisti lampedusani e forestieri. Momenti come questi sono una manna dal cielo: nelle loro lingue, in mandinka, in wolof, in inglese e in francese hanno raccontato la loro voglia di vita, di libertà, la loro mamma a cui dedicano tutto per renderla fiera di loro, hanno inneggiato all’amicizia, ai diritti, all’uguaglianza, si sono presi in giro, ci hanno chiesto di ballare insieme, si sono lasciati andare a ritmi familiari di djembe e voci che li hanno riportati nelle loro terre per qualche minuto e noi li abbiamo seguiti nel viaggio. Qualcuno chiudeva gli occhi, qualcuno scambiava sorrisi, qualcuno serio tornava alla realtà e osservava noi avvolto dai pensieri e dalla malinconia.

Non riuscivamo a trovare le parole per esprimere le emozioni che insieme stavamo provando e che ci hanno unito profondamente.

Fattasi sera il cuore batteva ancora al ritmo della musica e alcuni di loro non avevano voglia di tornare al centro d’accoglienza, non sarebbero riusciti a dormire. Così siamo rimasti insieme e siamo arrivati a piedi fino alla fine di via Roma, alla terrazza che dà sul mare.

“Ti piace ancora il mare, Alieu?”

Cerca qualcosa tra le barche del porto nuovo di Lampedusa e ne indica una lì, tra le motovedette della Guardia Costiera e i pescherecci, nel buio illuminato da luci intermittenti e lampioni fiochi.

“Quando guardo il mare vedo occhi spaventati, vestiti impolverati. Sento le urla di chi ci indirizzava verso la nostra barca. Barca… Quella non si poteva chiamare barca, era un grande canotto, simile a quel gommone là. Intorno a me piangevano, non volevano più salire. Rumore di spari. Le loro urla in arabo ‘muovetevi’, ‘andate’, ‘zitti’. Queste parole le ho imparate quando ero in prigione in Libia, dove sono stato detenuto per sei mesi. Ci hanno caricato sulla barca e io sono finito davanti con una gamba all’interno del gommone e una gamba all’esterno, dentro l’acqua: non ero mai stato su una barca. Il mio amico Seihou me l’aveva detto che sarei stato male, invece lui era abituato al mare, suo padre lo portava a pesca. Ci siamo conosciuti in Libia dove abbiamo passato un anno insieme e ora è come un fratello. Hanno sistemato sul gommone 128 persone, una incastrata con l’altra, eravamo 129 ma uno di noi ha protestato e pum, fine. Hanno detto a qualcuno di guidare e siamo partiti, controllati da alcuni di loro che per un po’ ci hanno seguiti con una barca. Ricordo le onde che facevano oscillare il gommone, i miei occhi non riuscivano a vedere nulla a causa degli schizzi dell’acqua e si chiudevano, persone che stavano male, il ragazzo seduto dietro di me continuava a bagnarmi lanciandomi l’acqua con un contenitore e mi diceva: ‘scusami, lo devo fare, la barca si sta riempiendo di acqua’. E ricordo un neonato. Quando la nave ci ha avvistati l’abbiamo tenuto in alto con le mani urlando ‘abbiamo un bambino, abbiamo un bambino!’ e loro ci rispondevano con un megafono che avevano visto il bambino, cercando di calmarci, di dirci di stare fermi. Noi provavamo a stare fermi, davvero, ma era la nostra gioia a muovere la barca a destra e a sinistra, la felicità e l’incredulità di essere riusciti a sopravvivere che smuoveva il sangue nelle nostre gambe stanche, nei nostri corpi stremati ma attratti dalla visione di qualcuno che stava per mettere fine a quelle ore eterne di viaggio”.

Un sorriso stanco si ferma sul viso di Alieu segnato dal cammino fatto fino all’Europa iniziato più di un anno fa, mentre, appoggiato alla ringhiera, lascia i suoi pensieri a quel mare davanti a noi che separa questa terra e la sua vita dalla Libia ma che, proprio in queste ore, prendeva la vita di altre due persone che la loro storia, il loro viaggio, i loro sogni non potranno raccontarli mai.