Roma (NEV/Riforma.it), 11 maggio 2016 – Doveva essere un “normale” viaggio di delegazione per prendere parte a un incontro internazionale sulla “giustizia climatica” in agenda dal 29 aprile al 2 maggio. Ma una volta messo piede all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, in Israele, la delegazione del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) è stata sottoposta a controlli di sicurezza che – stando al comunicato emesso dal CEC lo scorso 9 maggio – hanno trasceso ogni comprensibile misura di sicurezza.
“I membri del gruppo di lavoro sui cambiamenti climatici, provenienti da ben 13 paesi, hanno riferito di essere stati trattenuti per ore d’interrogatorio, in un clima d’intimidazione e in una condizione simile alla detenzione, durata in alcuni casi anche per tre giorni”, si legge nel comunicato.
Esprimendo la sua vicinanza alle vittime dell’incidente, il segretario generale del CEC, pastore Olav Fykse Tveit, ha dichiarato di non aver avuto motivo per ritenere che la sua delegazione sarebbe incorsa in questo tipo di problemi “perché ci sono stati altri incontri simili nel corso degli anni, non solo legati ai cambiamenti climatici ma relativi alle relazioni ecumeniche, al processo di pace e alla riflessione teologica … Per molti anni – ha specificato Tveit, fornendo così una velata interpretazione dell’accaduto – il CEC ha attinto risorse sia dalla Palestina che da Israele al fine di promuovere relazioni pacifiche e convivenza”.
Tutti i membri della delegazione ecumenica sono stati rilasciati e si trovano già fuori Israele. A incidente consumato, il CEC ha inviato al governo israeliano una richiesta formale di scuse per il comportamento aggressivo tenuto dalle autorità nei confronti dei rappresentanti ecumenici. “Crediamo sia nell’interesse del governo d’Israele affrontare questi spiacevoli incidenti affinché non si verifichino nuovamente, anche perché potrebbero coinvolgere futuri visitatori del paese. Su questi temi rimaniamo pronti all’incontro e alla discussione”.