Roma (NEV), 1 giugno 2016 – Con l’approssimarsi del 23 giugno, data del referendum sulla cosiddetta Brexit, la possibile uscita del Regno Unito dall’Unione europea (UE), anche il mondo delle religioni inizia a prendere posizione. A livello personale, si sono dichiarati a favore della permanenza nell’UE, Rowan Williams, già arcivescovo di Canterbury; la rabbina Laura Janner-Klausner del movimento degli ebrei riformati; Miqdaad Versi, assistente segretario generale del Consiglio musulmano britannico; e Jasvir Singh, presidente della rete City Sikhs, primi firmatari di una lettera aperta pubblicata dall’Observer. “Come esponenti religiosi – si legge nel testo – facciamo appello ai nostri confratelli e alle nostre consorelle affinché valutino le implicazioni che un’uscita dall’UE comporterebbe negli ambiti che più ci stanno a cuore in quanto persone di fede”. In particolare, la lettera sottolinea come gli ultimi 70 anni siano stati “il più lungo periodo di pace che la storia d’Europa abbia mai sperimentato. Le istituzioni che ci aiutano a lavorare insieme e a comprendere tanto le nostre differenze quanto ciò che abbiamo in comune, sono quelle che contribuiscono ad aumentare la nostra sicurezza e il senso dei nostri progetti collettivi”. In più, considerano i religiosi, la maggior parte delle sfide del mondo di oggi possono essere affrontate solo in un contesto europeo e globale: la lotta alla povertà, il cambiamento climatico, la crisi migratoria. “La nostra speranza – conclude la lettera – è che il 23 giugno le persone riflettano bene se indebolire le istituzioni internazionali preposte ad affrontare tali problemi, sia d’aiuto o meno ad un mondo più giusto, più pulito e più sicuro”.
Anche l’Assemblea generale della Chiesa di Scozia si è espressa contro la Brexit, a favore della permanenza della Gran Bretagna nell’UE. Con una mozione approvata lo scorso 24 maggio, dopo un breve dibattito e con una schiacciante maggioranza dei 730 deputati presenti, i presbiteriani scozzesi hanno riconosciuto il ruolo irrinunciabile dell’UE nel “promuovere la pace, la sicurezza e la riconciliazione nel continente”. Una posizione che ribadisce le prese di posizione già espresse nelle Assemblee generali del 1996, 2003, 2005 e 2014.
La Chiesa d’Inghilterra, come del resto la maggior parte delle chiese inglesi, ha scelto di non esprimersi ufficialmente. Ha invece pubblicato una preghiera, ad uso delle chiese e delle persone, che chiede “onestà, apertura, generosità e discernimento” in vista del referendum del 23 giugno. La preghiera è stata pubblicata senza alcun commento e la sua composizione ha richiesto accurate revisioni per assicurare la più scrupolosa neutralità. “Quella d’Inghilterra è una chiesa nazionale che serve ogni persona, indipendentemente dalle sue convinzioni politiche. Per questo deve rimanere neutrale”, ha spiegato il vescovo suffraganeo della diocesi anglicana d’Europa, David Hamid. Una neutralità dell’istituzione che però non impedisce allo stesso Hamid di schierarsi a livello personale convintamente contro la Brexit.