Roma (NEV), 30 giugno 2016 – Le chiese colombiane, ma anche il Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), hanno accolto con gioia la notizia del cessate il fuoco firmato lo scorso 23 giugno all’Avana tra il Governo colombiano e le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC), accordo storico che segna la fine di una guerra civile durata ben cinquant’anni, la più lunga mai verificatasi nelle Americhe costata la vita a 220mila persone. Non c’è dubbio che le chiese colombiane hanno svolto un incessante lavoro di dialogo, unione e di crescita di consapevolezza collettiva, contribuendo a sciogliere tensioni e a favorire il reciproco ascolto. Azioni che hanno dato a lungo fastidio, se è vero che molti leader religiosi – anglicani, presbiteriani, cattolici e mennoniti, indicati come “obiettivi militari” proprio per l’infaticabile lavoro di promozione del processo di pace – negli scorsi anni sono finiti in quelle che erano vere e proprie liste di proscrizione stilate dalle forze paramilitari. Gli stessi luoghi di culto sono stati spesso violati, divenendo teatro di omicidi collettivi, come avvenuto ad esempio nel 2012 con la strage di oltre 100 civili all’interno della chiesa di Bellavista, causata dal fuoco incrociato che ha lasciato sul terreno innocenti vittime.
In un documento approvato dal Comitato centrale del CEC, riunito in questi giorni a Trondheim (Norvegia), si saluta con gioia il cessate il fuoco bilaterale, preannunciando visite ufficiali proprio al fine di incoraggiare un simile punto di svolta.