Lotta alla povertà. L’impegno congiunto di leader religiosi e Banca mondiale

“Porre fine alla povertà estrema: un imperativo morale e spirituale”

Roma (NEV), 28 settembre 2016 – Si è tenuto il 22 settembre, a New York, a margine della 71esima Assemblea generale delle Nazioni Unite, il secondo incontro di “Moral Imperative” (“obbligo morale”), un gruppo di lavoro misto che riunisce rappresentanti religiosi ed esperti della Banca mondiale sul comune obiettivo della lotta alle povertà nel mondo – la priorità numero uno degli “Obiettivi per lo sviluppo sostenibile” lanciati dall’ONU nel settembre del 2015. Nel suo intervento, Rudelmar Bueno de Faria, rappresentante del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) presso le Nazioni Unite e coordinatore dell’Ufficio ecumenico delle Nazioni Unite, ha posto al centro due tematiche prioritarie: i “diritti” dell’acqua e del suolo – perché dove mancano le tutele ambientali cresce la povertà rurale – e la violenza sui bambini – perché non si combatte la povertà senza eliminare le discriminazioni sui più piccoli.

“Moral imperative” è nato nel febbraio 2015, quando un gruppo di rappresentanti religiosi ha incontrato il presidente della Banca mondiale Jim Yong Kim per discutere su come ridurre la povertà entro il 2030. Ne seguirono un “Tavolo dei leader religiosi” convocato dalla Banca mondiale e la stesura di un documento interreligioso dal titolo “Porre fine alla povertà estrema: un imperativo morale e spirituale”. Tra i numerosi firmatari, oltre al CEC e alla Banca mondiale, anche l’ACT Alliance, il Soccorso islamico internazionale, il Servizio mondiale degli ebrei americani, la Comunità di chiese protestanti in Europa (CCPE), Religions for Peace.