Chiesa e Stato: divorzio alla norvegese

Roma (NEV), 11 gennaio 2017 – Dal primo gennaio la Chiesa luterana norvegese ha cessato di essere organo di Stato: il Re di Norvegia non è più il capo della chiesa; il clero non è più nominato dal Sovrano; diaconi, pastori e vescovi non sono più pubblici ufficiali; al contempo, però, lo Stato si impegna a supportare con apposita legge tanto la chiesa luterana quanto le altre comunità “religiose e filosofiche”. Figlia di un processo legislativo avviato all’indomani della riforma costituzionale del 2012, il provvedimento va senza dubbio nella direzione di una maggiore separazione tra Stato e Chiesa, ma ha suscitato reazioni contrastanti.

Secondo Jens-Petter Johnsen, presidente del Consiglio nazionale delle chiese, la chiesa norvegese sta affrontando “il più grande cambiamento organizzativo dai tempi della Riforma protestante”. Concorda con questa visione “epocale” Jacques Berlinerblau, docente della Georgetown University ed esperto di secolarismo, che al proposito ha messo in guardia rispetto alle possibili ricadute continentali: “anche nelle società europee esistono componenti anti-laiche, dopo questa riforma esse potranno indicare nella Norvegia l’esempio del crollo della cultura cristiana e della civiltà occidentale per mano di ‘diabolici laicisti'”.

Eppure, proprio da parte laica non sono mancate aspre critiche. I passaggi più contestati si trovano nel nuovo articolo 4 – “Il Re continuerà in ogni momento a professare la religione evangelico-luterana” – e nel nuovo articolo 16, che recita: “La Chiesa norvegese, una chiesa evangelico-luterana, rimarrà chiesa nazionale della Norvegia e in quanto tale continuerà ad essere supportata dallo Stato”.

“Fino a quando la Costituzione affermerà che la Chiesa di Norvegia è la chiesa nazionale e che questa debba essere supportata dallo Stato, continueremo ad avere una Chiesa di Stato”, ha tuonato Kristin Mile, segretaria generale dell’Associazione norvegese degli umanisti, preoccupata anzitutto dalla “confusione” generata dall’espressione “chiesa nazionale”, che non menziona più lo Stato ma sembra legare i norvegesi ad una specifica confessione. Ancora più duro il commento del direttore esecutivo della National Secular Society Keith Porteous Wood, secondo il quale Jens-Petter Johnsen “non comprende cosa sia la separazione tra Stato e chiesa”. Nel suo duro intervento pubblicato sul sito dell’organizzazione, il direttore ha criticato in particolar modo l’estensione degli aiuti di stato alle cosiddette “comunità filosofiche”: “il fatto che gli umanisti possano avere accesso alla loro fetta di torta renderà più difficile criticare i sussidi statali alla chiesa, ma come secolarista io penso che uno Stato non dovrebbe finanziare né le religioni né le non-religioni”.

L’allusione è al problema, persistente, dei fondi statali, che nel vecchio regime venivano concessi in base alla consistenza delle comunità di fede; un fatto più che controverso, visto che se il 73% dei norvegesi risulta battezzato nella Chiesa di Norvegia altre ricerche dimostrano che appena il 5% frequenta regolarmente le funzioni religiose.

Prima della Norvegia, una riforma simile era stata adottata anche dalla Svezia. Ad oggi soltanto in Islanda e Danimarca il luteranesimo è religione di Stato. Il governatore supremo della chiesa anglicana è il Sovrano del Regno Unito, attualmente la regina Elisabetta II.