Roma (NEV), 23 gennaio 2017 – “La maggior parte di noi conosce solo il nome di questa donna, che è morta troppo presto. Tanti di noi conoscono il suo bellissimo volto solo dalle foto dei giornali, non abbiamo mai sentito la sua voce, non abbiamo mai visto brillare i suoi occhi”. Ha esordito così la pastora Ulrike Jourdan, che nel pomeriggio di venerdì scorso ha celebrato nella chiesa metodista di Padova il funerale di Sandrine Bakayoko, la giovane migrante ivoriana morta il 2 gennaio nei bagni del “centro di prima accoglienza” ricavato dalla ex base militare di Cona, per una trombosi polmonare non curata. Bokayoko apparteneva alla chiesa riformata della Costa d’Avorio; per questo nei giorni scorsi il marito Mohamed, musulmano, ha chiesto al suo legale di rivolgersi alla pastora Jourdan.
Una richiesta subito raccolta dalla comunità evangelica di Padova che ha aperto le porte della piccola chiesa di corso Milano alle circa 200 persone convenute per dare l’ultimo saluto alla giovane: membri di chiesa ma anche amici africani che Bokayoko aveva conosciuto durante il viaggio o nel centro. Purtroppo non c’erano le amiche, donne che soltanto dopo la tragedia le autorità hanno trasferito a Bologna, in un luogo che garantisce migliori condizioni. “Penso che il nostro compito sia di ascoltare le persone che si rivolgono a noi. Se uno ascoltasse le storie che queste persone portano con sé non riuscirebbe più ad esprimere quelle parole d’odio che sentiamo scorrere come un fiume in piena nei nostri tempi “, ha detto Jourdan dal pulpito, durante la predicazione basata sul salmo 56, il lamento di una persona oppressa che tuttavia, “nel giorno della paura” continua a confidare in Dio. “Spero che la fiducia nella giustizia divina possa dare speranza a tutte e tutti quelli che devono vivere nelle stesse condizioni di Sandrine. Continuiamo a informarci – ha esortato la pastora – , a immischiarci, pretendiamo che le informazioni che ci vengono date siano appropriate e giuste, pretendiamo che le persone che chiedono il nostro aiuto vengano trattate almeno in modo umano”.
Dopo il culto, la bara è stata trasferita al cimitero di Piove di Sacco per la tumulazione – “un momento toccante, molto intimo, un addio in totale silenzio nel buio della notte” lo ha descritto la pastora all’agenzia NEV. A seguire il feretro anche l’avvocato Aurora D’Agostino, un pullman degli amici di Cona ed il sindaco di Piove di Sacco, Davide Giannella, che al TG3 ha ammesso: “Il tema è complicato, ma questi grandi centri non sono accoglienza”.
Sandrine Bakayoko era nata in Costa d’Avorio la vigilia di Natale del 1991. Era arrivata in Italia in settembre, insieme al marito, dopo aver lasciato il figlio di nove anni nel paese d’origine e aver vissuto un anno tra difficoltà e pericoli in Libia.