Roma (NEV), 7 febbraio 2017 – Vengono da Homs, Damasco e Al-Zabadani le tre famiglie siriane ospitate presso il Centro diaconale “La Noce” di Palermo a seguito degli ultimi due arrivi dei “corridoi umanitari” promossi dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), dalla Tavola valdese e dalla Comunità di Sant’Egidio. Per capire come si organizzi l’accoglienza, soprattutto per quanto concerne l’inserimento dei minori, abbiamo intervistato Anna Ponente, direttrice del Centro diaconale.
Qual è la prima buona azione di un’accoglienza che si pone il problema dell’integrazione?
Una gestione autonoma degli spazi è fondamentale, serve a ricreare quella serenità quotidiana che la guerra ha distrutto, una routine che anche se in condizioni estreme queste persone avevano cercato di ricostruire nella precarietà dei loro anni in Libano. Non bisogna mai dimenticare che i profughi siriani che i “corridoi umanitari” portano da Beirut a Roma (e da Roma in diverse strutture attivate su tutto il territorio nazionale) vivono sulla loro pelle un secondo sradicamento.
L’organizzazione degli spazi comincia molto prima dell’arrivo delle famiglie, soprattutto per quanto riguarda i bambini, che trovano camerette ammobiliate e giochi. Abbiamo accolto la famiglia più numerosa in un appartamento della Tavola valdese; a inizio mese si è aggiunta una giovane coppia e un secondo nucleo familiare, composto da madre vedova e quattro bambini (il papà è stato ucciso durante la guerra): loro abitano tutti insieme al terzo piano, presso lo spazio di “housing sociale” del centro diaconale. Tutti hanno a disposizione una cucina e uno spazio comune dove è possibile mangiare insieme, guardare la TV, leggere, chiacchierare, ricevere persone amiche. Il primo impatto è fondamentale. All’arrivo di ogni famiglia organizziamo un pranzo di benvenuto, un pasto che questa volta è stato preparato dalle famiglie arrivate qui a dicembre, che ci stanno dando una grande mano nell’accoglienza del nuovo gruppo.
Il gruppo di rifugiati arrivati a “La Noce” è composto da ben 8 bambini, cui tra due mesi se ne aggiungerà un altro! Come funziona l’inserimento dei più piccoli?
Qui entra in gioco la scuola valdese, presente a Palermo da più di 150 anni, con la sua storia e la sua esperienza sul territorio. I figli delle famiglie ospiti sono stati inseriti in quattro classi diverse, due della scuola dell’infanzia e due della scuola primaria. Sono sati accolti e presi in carico dai rispettivi gruppi classe e dai loro insegnanti secondo un modello organizzativo e pedagogico che consentirà ai bambini siriani di imparare presto la lingua italiana e ai bambini italiani di maturare interesse e curiosità per la lingua e la cultura araba. Prima del loro arrivo il responsabile del Settore scolastico ha predisposto un lavoro di preparazione nei confronti dei bambini e delle loro famiglie. Sono state illustrate ragioni e finalità di questo progetto di accoglienza. I bambini siriani stanno apprendendo rapidamente la lingua italiana grazie ad un approccio che si basa sulla dimensione del gruppo, sulla cooperazione e sulla reciprocità, perché nello stesso tempo gli altri bambini sono curiosi di conoscere la lingua dei nuovi arrivati.
Devo dire che alla scuola valdese il nostro lavoro beneficia di un clima particolarmente favorevole. Le famiglie che vi iscrivono i propri figli desiderano crescerli e formarli in contesto che valorizza il pluralismo e l’attenzione alle questioni sociali. Attorno ai “corridoi umanitari” qui a Palermo si è creata grande attenzione e interesse, oserei dire un senso di orgoglio collettivo, anche da parte di chi evangelico non è ma apprezza la scuola valdese e gli interventi diaconali.
Quale tipo di futuro immaginate per le persone che state accogliendo?
L’obiettivo del nostro lavoro è quello di orientarli verso l’autonomia. L’équipe dei corridoi si occupa dei bambini senza trascurare gli adulti che sono subito iscritti ai centri provinciali per l’istruzione e ai corsi organizzati dall’Università di Lingua italiana per Stranieri di Palermo con cui collaboriamo da diversi anni. L’obiettivo è il conseguimento della licenza media inferiore che è necessaria per potere accedere ai tirocini formativi e alle borse lavoro. E’ importante conoscere e valorizzare le loro competenze, abilità e desideri, perché la guerra ha distrutto vite e professioni diverse, gli adulti non partono da zero, a volte bisogna riprendere da dove avevano lasciato. I colloqui alla presenza del mediatore consentono di raccogliere tutte le informazioni sulle attività lavorative precedenti e sulla loro formazione di base.
Sin dall’inizio, sono messi a conoscenza dei tempi previsti per l’accoglienza, sanno che questo è un progetto a tempo che “inizia per concludersi”; il centro diaconale li sosterrà per il periodo necessario ma la loro volontà e disponibilità sarà fondamentale. Proprio per questo, il modello di gestione della vita quotidiana è responsabilizzante: grazie ai fondi dell’otto per mille della chiesa valdese e metodista forniamo loro il “pocket money” necessario per provvedere alle spese giornaliere, ma la gestione di queste poche risorse è da subito affidata a loro. Accompagnate dagli operatori, tutte le famiglie hanno iniziato a conoscere ed orientarsi nel quartiere e in città.
Questo percorso di accoglienza è diverso dalle altre esperienze fatte a “La Noce”? Su quali forze potete contare, e quali criticità vede invece all’orizzonte?
Negli ultimi anni abbiamo acquisito grande esperienza nel campo dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati attraverso “Casa dei Mirti”, una comunità alloggio di tipo familiare per ragazzi dai 14 ai 18 anni accreditata dal Comune di Palermo. Dal 2011, ovvero dalla cosiddetta “Emergenza Nord Africa”, “Casa dei Mirti” ha iniziato ad accogliere minori provenienti da Lampedusa, Pozzallo e da tutto il ragusano. Questa nuova esperienza di accoglienza s’inserisce dunque in una rete di relazioni interistituzionali consolidate: con altri enti del terzo settore, con l’azienda sanitaria locale, con i servizi sociali territoriali del comune, con l’università.
Tra l’équipe di “Casa dei Mirti” e gli operatori dei “corridoi” c‘è uno scambio professionale costante; a mio parere è molto importante la collaborazione tra il Centro diaconale e il progetto Mediterranean Hope della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), che qui in Sicilia ha significative testimonianze. Il Centro diaconale collabora in particolare con la “Casa delle Culture” di Scicli, una realtà unica nel suo genere e piena di risorse. Eravamo dunque già inseriti nella rete della FCEI, ma la richiesta di aderire al progetto dei “corridoi umanitari” ha coinvolto tutta l’istituzione anche in termini emotivi. E’ un progetto che pone al centro la reciprocità della relazione. Sono persone che provengono da situazioni gravemente traumatiche, con storie di relazioni familiari interrotte, di separazioni e di violenza. Sono persone che vedono nel Centro diaconale la possibilità di sperare in una vita nuova. Non possiamo deluderle, consapevoli che da quando sono arrivati la nostra vita è già cambiata grazie alla loro conoscenza.