Roma (NEV), 11 marzo 2017 – Nei giorni scorsi, una delegazione della chiesa evangelica della Westfalia è stata in visita in Italia. Guidata dalla sua presidente, la teologa Annette Kurschus, ed accompagnata da Paolo Naso, coordinatore del progetto Mediterranean Hope della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), la delegazione ha visitato diverse strutture della FCEI e della Diaconia valdese in Sicilia, per poi risalire a Roma, dove è stata ricevuta anche dal Presidente del Senato Pietro Grasso. Di seguito pubblichiamo l’intervista che il Presidente ha rilasciato a Gian Mario Gillio di Riforma.it, il quotidiano online delle chiese battiste, metodiste e valdesi.
Presidente Grasso, quali temi avete affrontato insieme alla delegazione di chiese della Westfalia?
Il futuro dell’Europa è strettamente legato al pluralismo religioso, ossia al fatto che nell’età contemporanea il mosaico delle fedi presenti nello stesso territorio è in progressivo aumento. Un pluralismo, a mio avviso prezioso, e in relazione con il fenomeno migratorio. Tra i temi affrontati con la delegazione giunta dalla Westfalia, e sulla scia di quanto già fatto in passato con la Federazione delle chiese evangeliche in Italia – che proprio al Senato ha realizzato diversi convegni dedicati al tema della libertà religiosa, legato alla dimensione multiculturale –, sono state prese in considerazione le questioni legate all“’emergenza” umanitaria dei rifugiati e dei richiedenti asilo, che ormai con regolarità approdano sulle nostre coste e oltrepassano i nostri confini, spesso in difficoltà e talvolta mettendo a rischio la vita stessa. Persone dunque vulnerabili e certamente bisognose di accoglienza. Il dramma delle migrazioni di donne, uomini e bambini (e purtroppo è in aumento il fenomeno di minori non accompagnati) e le politiche di accoglienza messe in atto in Europa sono state le questioni esaminate nel nostro intenso incontro, questioni dirimenti non solo per l’Italia, ma per l’Europa intera.
Che cosa pensa del progetto dei “corridoi umanitari”?
Certamente è una “buona pratica” di accoglienza, per il rispetto della dignità umana e a garanzia della sicurezza per tutti, istituita per garantire a profughi e richiedenti asilo di poter raggiungere il nostro paese utilizzando un regolare volo di linea. Un merito che dev’essere attribuito in primis alla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, alla Comunità di Sant’Egidio e alla Tavola valdese, che l’hanno reso possibile insieme ai nostri ministeri dell’Interno e degli Esteri. Un progetto pilota in Europa, certamente “una goccia nel mare” se pensiamo ai numeri ridotti dei beneficiari, ma dal valore fortemente simbolico e che speriamo possa essere replicato anche da altri paesi. Una via diversa da quella troppo spesso percorsa da chi “soffia sul fuoco dell’odio” promuovendo nuovi nazionalismi, populismi, attraverso la corruzione reale o legislativa di muri, barriere per chiudere le frontiere. Oltre alla stima per il lavoro svolto dalle chiese protestanti, essendo siciliano, ho voluto anche esprimere apprezzamento per il progetto della Fcei a Scicli, la “Casa delle culture”, un punto di eccellenza nell’accoglienza soprattutto per i minori non accompagnati. In occasione dell’ultima visita a Lampedusa, poi, ho assistito personalmente a uno sbarco di persone giunte dal mare sul molo Favaloro, e ho visto con i miei occhi come queste persone, segnate nel volto smarrito e provate dal lungo viaggio e da un approdo verso l’ignoto, abbiano poi assunto un’espressione quasi rassicurata nel momento in cui gli operatori di Mediterranean Hope della Fcei, insieme agli operatori della parrocchia cattolica, offrivano loro il benvenuto in Italia con una tazza di tè caldo. L’Italia, malgrado queste buone pratiche e il prezioso lavoro della guardia costiera e delle nostre forze dell’ordine, che molto fanno, non può e non dev’essere lasciata sola sul fronte dell’accoglienza dei migranti: la delegazione di chiese della Westfalia ha condiviso questa evidente osservazione.
Sono imminenti le celebrazioni per i 60 anni dei Trattati di Roma e il 17 marzo al Senato è prevista un’occasione solenne. Perché è particolarmente importante questa ricorrenza oggi?
La prima ragione è rammentare a tutti che l’Unione europea affonda le sue radici nella volontà dei popoli europei che sessant’anni fa, sulle macerie della seconda guerra mondiale, chiedevano pace, sicurezza e progresso. L’Europa unita ha soddisfatto questi profondissimi desideri dei nostri cittadini garantendo diritti, stabilità e pace. La seconda ragione è che oggi dobbiamo affrontare nuove sfide: le diseguaglianze, il terrorismo, le migrazioni, i nazionalismi. Noi crediamo che l’unica strada per far ripartire il percorso dell’integrazione europea, siano la coesione, il multilateralismo e i diritti e proprio da Roma vogliamo farli ripartire. L’Italia ha avuto sempre un ruolo propulsivo di fronte alla storia e continuerà a esercitarlo con senso di responsabilità e di fronte alla storia. Considero altresì importante e arricchente la presenza protestante a quest’appuntamento, anche alla luce dei festeggiamenti per il Cinquecentenario della Riforma protestante e per l’apporto che il protestantesimo seppe stimolare veicolando, tra Milano e Torre Pellice – la “capitale dei valdesi” – con riunioni e incontri promossi allora da Mario Alberto Rollier l’idea di un’Europa unita. Martedì scorso, infatti, ho colto l’occasione per invitare personalmente il presidente della Fcei, il pastore Luca Maria Negro e la vice presidente Christiane Groeben – che abbiamo avuto il piacere di incontrare al concerto di Natale dedicato al dialogo interreligioso e interculturale – perché ritengo che la condivisione di quest’appuntamento sia il riconoscimento del nostro comune impegno per la difesa di tutte le libertà e dei diritti civili e sul tema dell’accoglienza.