Roma (NEV), 13 giugno 2017 – “La decisione di Trump di non mantenere l’accordo di Parigi sul cambiamento climatico è grave, ma non pone fine né alle speranze nate dalla COP21, né all’impegno di politici e società civile che in questi anni è via via aumentato”. Questa è l’opinione di Peter Pavlovic, segretario della Rete cristiana europea per l’ambiente (ECEN), un organismo ecumenico promosso dalla Conferenza delle chiese europee (KEK). Nell’intervista che segue, rilasciata durante il recente incontro dei Consigli nazionali di chiese tenutasi a Cardiff (GB) dal 5 all’8 giugno scorsi, Pavlovic fa il punto della situazione sul cammino intrapreso dalle chiese a partire dalla Conferenza di Parigi, anche alla luce delle recenti prese di posizione dell’amministrazione USA.
Cosa ha significato per le chiese europee la COP 21 di Parigi?
La Conferenza di Parigi è stato un evento fondamentale nella lotta al cambiamento climatico sia per quel che riguarda l’accordo che è stato raggiunto sia per la mobilitazione che ha suscitato. Nella capitale francese non c’erano solo negoziatori e politici, ma anche moltissimi rappresentanti della società civile e delle chiese. E’ soprattutto grazie a questa presenza dal basso che ha potuto farsi avanti la consapevolezza che il cambiamento climatico non è solo una questione politica, ma anche e soprattutto sociale e morale. All’inizio erano solo le chiese e gli attivisti ad affermarlo, ora lo sostengono anche diversi leader politici.
Non proprio tutti i politici, se si considera la decisione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di rigettare l’accordo perché penalizzerebbe l’economia degli USA.
Certo, la decisione di Trump è grave e ha destato preoccupazione e delusione ad ogni livello, dai politici fino alla gente comune. Delusione, e anche rabbia, sono due reazioni naturali, ma dobbiamo saper guardare oltre. A mio parere, la posizione degli Stati Uniti, paradossalmente potrà avere degli effetti positivi. Stimolerà altre nazioni e altre persone a fare di più, creerà maggiore mobilitazione tra chi ha a cuore il futuro del pianeta. Dobbiamo mobilitarci non solo per criticare il presidente Trump, ma soprattutto per agire in modo più efficace e innovativo. Sono convinto che questa mobilitazione positiva ci sarà.
In questa prospettiva, qual è il contributo specifico delle chiese nell’azione e nella riflessione sul clima?
Sono due le parole chiave attorno alle quali le chiese hanno definito la loro azione: giustizia e speranza. Le chiese cristiane da sempre affermano che le questioni ambientali sono legate al tema della giustizia, soprattutto quella economica. Questo è oggi un concetto che si è fatto strada nella coscienza di molti, politici compresi. La speranza è un concetto dai toni teologici ed è quindi un campo privilegiato per le chiese. La sfida è come intendere e parlare della speranza riguardo al cambiamento climatico, un ambito in cui è facile lasciarsi travolgere dal pessimismo e dal catastrofismo. Allo stesso tempo, la speranza non consiste solo nell’essere ottimisti, ma anche nell’essere spinti ad agire in un determinato modo a favore del Creato e di ogni essere vivente.
Una questione che si sta facendo strada nella coscienza dei cristiani è la politica di disinvestimento dai combustibili fossili per reinvestire in aziende che promuovono energie rinnovabili. Cosa ci può dire a proposito?
Di questo tema abbiamo discusso lo scorso maggio a Edimburgo, dove l’ECEN ha organizzato una conferenza che ha coinvolto accademici, teologi e attivisti per l’ambiente. E’ importante che le chiese e le istituzioni religiose promuovano una gestione della finanza orientata alla sostenibilità del pianeta, disinvestendo i loro soldi da imprese che operano con combustibili fossili e reinvestendoli in imprese che propongono soluzioni per il clima e per l’ambiente. Non si può infatti denunciare il cambiamento climatico, continuando a trarre profitti da chi inquina il pianeta. E’ una sensibilità che sta crescendo anche se molti passi devono ancora essere fatti in questa direzione.
Concretamente, quali sono le buone pratiche ecologiche messe in atto dalle chiese?
Ci sono sempre più chiese nel mondo che mettono in pratica diverse buone pratiche che investono soprattutto la vita quotidiana. Cosa possiamo fare come individui, come cristiani, come piccole comunità per modificare il nostro stile di vita, le nostre abitudini di consumatori? Sono domande importanti perché anche piccoli cambiamenti in questo contesto hanno il loro impatto. Molte più chiese di un tempo, per esempio, usano energie rinnovabili. Questo è significativo, come significativo è che sempre più cristiani comprendano queste pratiche come un elemento della loro testimonianza di fede. La cura per il Creato, inoltre, è un ambito in cui le diverse chiese lavorano a livello ecumenico.