Roma (NEV), 23 giugno 2017 – In occasione della Giornata mondiale del rifugiato la Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), Acli, Centro Astalli, Caritas Italiana, Fondazione Migrantes e Associazione papa Giovanni XIII hanno promosso, come ogni anno, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma, una veglia ecumenica in memoria di tutte le vittime dei viaggi verso l’Europa: donne, uomini e bambini, di cui sono stati ricordati i nomi e le storie. Testimonianze e accensioni di candele hanno scandito la cerimonia nella quale “profughi cristiani, musulmani e di ogni credo” hanno chiesto giustizia e pace. Canti e balli della corale nigeriana hanno accompagnato l’evento conclusosi con il Padre Nostro.
Le organizzazioni promotrici dell’iniziativa “Morire di speranza” hanno colto l’occasione per avanzare cinque proposte sull’immigrazione: l’invito a conoscere a fondo la realtà del fenomeno migratorio; la richiesta di spendersi per salvare il maggior numero di vite umane; favorire la cooperazione con i paesi di partenza; la richiesta di predisporre altre vie legali di ingresso verso l’Europa su esempio del progetto-pilota dei “Corridoi umanitari” promosso da FCEI, Tavola valdese e Sant’Egidio con la rispettiva promozione di nuove politiche di integrazione (vedi sotto il testo integrale).
Dal 1988 sono morte lungo le frontiere dell’Europa almeno 30.000 persone, di cui più di 5000 l’anno scorso. Solo nel Mediterraneo i dati relativamente ai primi sei mesi del 2017 parlano di 2081 morti annegati o dispersi; una media di 11 morti al giorno (vedi qui i dati dell’OIM).
Tra i presenti anche Jasmin, mamma della piccola Falak arrivata dal Libano malata di tumore e subito curata al Bambin Gesù: fu la prima a giungere il 4 febbraio 2016 legalmente e in sicurezza in Italia grazie al progetto dei corridoi umanitari.
Oltre a quella di Roma giovedì 22 giugno si sono tenute preghiere ecumeniche in più di 30 città italiane. (Vedi qui la fotogallery a cura del Corriere della Sera).
Di seguito le 5 proposte sull’immigrazione presentate in occasione della preghiera “Morti di speranza” (Roma, 22 giugno 2017):
Conoscere la realtà
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, nel 2017 gli arrivi di migranti attraverso il Mediterraneo sono diminuiti. Sono invece in aumento i morti in mare, a motivo di viaggi sempre più pericolosi. Dal 1° gennaio 2017 ad oggi sono giunte in Europa 82.897 persone, mentre nei primi sei mesi del 2016 avevano raggiunto il nostro continente 231.133 migranti. Gli arrivi sono più che dimezzati, indubbiamente per la chiusura della cosiddetta rotta balcanica, in seguito all’accordo UE-Turchia. Il dato più preoccupante è la crescita, in percentuale, del numero di vittime dei viaggi verso l’Europa: se nei primi sei mesi del 2016 erano morte circa 3.000 persone, da gennaio 2017 ad oggi hanno già perso la vita 1.990 migranti. Nel 2016 la percentuale di mortalità era di 1 su 42. Nel 2017 la proporzione, già di per sé drammatica, è ulteriormente salita: quest’anno su 35 migranti che sono arrivati in Europa, ce n’è uno che ha perso la vita.
Salvare vite umane
Il salvataggio in mare fa parte di un codice umanitario condiviso a livello universale, Quando riguarda migliaia di essere umani diventa una priorità per la nazioni interessate. Nel momento dell’emergenza l’unica risposta seria e civile non può che essere questo. Nel sito della Commissione Europea il salvataggio in mare è posto come secondo punto della politica migratoria.
Cooperazione con i paesi di partenza
È necessario connettere in maniera strutturale il tema delle migrazioni con la cooperazione internazionale. L’offerta di aiuti ai paesi di provenienza dei flussi migratori deve contribuire in modo più consistente, pensando alla crescita e allo sviluppo del Sud del mondo, senza finalizzarla, in modo strumentale, solo al contenimento dell’emigrazione. Il controllo delle frontiere, per quanto più accurato e rigido, a lungo andare non porterà a una diminuzione del numero dei migranti, perché non incide sulle cause che ne sono all’origine.
Vie legali di ingresso in Europa
L’Europa sta vivendo una forte crisi demografica, con l’Italia che anche quest’anno ha registrato un saldo negativo tra morti e nascite, nonostante la presenza di nuovi immigrati. Bisogna, in primo luogo, incrementare i canali di ingresso regolare per ricerca di lavoro (data anche la forte domanda esistente in alcuni settori, soprattutto quella dei servizi alle persone), anche reintroducendo il meccanismo della sponsorship, e agevolare i ricongiungimenti familiari. In secondo luogo, per affrontare le guerre e le crisi umanitarie, che causano un gran numero di profughi, oltre ad aprire nuovi corridoi umanitari, è urgente un programma serio di resettlement e relocation, che superi la logica dell’accordo di Dublino.
Politiche di integrazione
Le società europee hanno bisogno di politiche di integrazione. I corridoi umanitari In Italia rappresentano un esperimento riuscito, per aver favorito un’accoglienza diffusa di nuclei familiari sul territorio nazionale. Oltre all’accoglienza di chi fugge dalla guerra, comunque doverosa, va garantita l’integrazione di chi è accolto, puntando sull’apprendimento della lingua italiana e sull’inserimento in efficaci percorsi di formazione lavorativa. Gli stati europei dovrebbero impegnarsi in investimenti appropriati per favorire questo processo.