Roma (NEV), 3 luglio 2017 – Desta interesse, e una certa dose di stupore, come alcune delle parole che usiamo nel quotidiano, patrimonio della nostra lingua, risalgano a millenni fa. Una di queste è “accademia”, da quel bosco dedicato a Academo, in cui l’ateniese Platone fondò la sua scuola (387 a.C.). Non certo un evento di second’ordine per la storia del pensiero!
Fondare un’accademia, dunque, non è cosa da poco, neanche oggi. Non si può non salutare allora con favore la nascita di un’accademia, tanto più se europea, e addirittura dedicata allo studio della religione. E’ quanto è successo a Bologna lo scorso giugno, su iniziativa della Fondazione delle scienze religiose Giovanni XXIII, condotta da Alberto Melloni.
Un indubitabile successo: più di mille studiosi del fatto religioso, da ogni provenienza geografica e disciplinare, hanno aderito proponendo temi, panel e discussioni. E pensare che veniamo da più di sessant’anni in cui le parole chiave erano secolarizzazione imperante da una parte, oscurantismo di stampo religioso dall’altra; e il campo di battaglia della modernità, essa sì trionfante, avrebbe dunque dovuto non lasciar spazio, se non residuale, ai bisogni, purtroppo resistenti, di qualche preghiera nella propria camera.
Ed è invece la post-secolarizzazione, ovvero qualcosa di inedito che si avventura ormai da anni in Europa, che fa emergere l’urgenza di un sapere ora più condiviso, meno pregiudiziale, meno condizionato, sulle religioni. Ecco perché un’accademia che fa incontrare il Mediterraneo con l’Est europeo, la Germania con l’Italia, l’Inghilterra, la Spagna e gli Stati Uniti, ha creato un momento eccezionale, e potrà diventare la piattaforma culturale europea sul tema specifico, quello religioso, che deve, senza timori, sedere affianco alle altre grandi tematiche che affettano da vicino e con urgenza il Vecchio Continente (economia, democrazia, ecc.).
Un elemento ulteriore non è da sottovalutare. Che tutto ciò sia avvenuto a 500 anni dalla Riforma protestante è ovviamente casuale. Non è stata invece altrettanto casuale la presenza di studiosi protestanti nell’Accademia. Non solo Heinz Schilling, l’importante storico tedesco, e Hans-Peter Grosshans, teologo e decano della Facoltà teologica protestante di Münster; ma anche quelli italiani, tra cui Fulvio Ferrario, Debora Spini, Paolo Naso, Alessia Passarelli e Ilaria Valenzi. Sociologi, filosofi, teologi, impegnati nella ricerca e nella professione, e che nell’Accademia europea hanno portato il loro importante contributo.
Se nell’anniversario della Riforma ci si è, con ogni legittimità, chiesti cosa la Riforma oggi significhi per l’Europa e il mondo, non si può non soffermarsi almeno un attimo sul ruolo della Parola. Ebbene questo atteggiamento, che è una postura di fronte al mondo – e a Dio – significa molto anche per la produzione culturale e del pensiero contemporaneo. Ecco perché la presenza protestante in un’accademia europea deve essere l’occasione da cogliere per dare il proprio contributo a quello che – speriamo davvero – possa essere un think tank europeo di produzione culturale per il futuro politico e sociale d’Europa. E in questo senso, un po’ di Riforma, male non fa.