Roma (NEV), 20 luglio 2017 – La Russia ha ufficialmente bandito dal proprio territorio i Testimoni di Geova. Lo scorso 17 luglio, infatti, il Collegio d’appello della Corte suprema russa ha respinto il ricorso presentato dai rappresentanti della Congregazione contro la decisione del 20 aprile, con cui la stessa Corte aveva decretato lo scioglimento della denominazione in quanto “minaccia per i cittadini, per l’ordine e la sicurezza pubblica”.
La sentenza comporta l’immediata chiusura delle 395 Sale del Regno in cui si riuniscono i 175 mila testimoni di Geova russi, e la confisca di tutte le proprietà della Congregazione. “È la fine della libertà religiosa in Russia – ha dichiarato il portavoce della denominazione religiosa, Yaroslav Sivulski, alla rivista Newsweek -. Non esistono episodi di estremismo che possano essere attribuiti ai Testimoni di Geova. Si tratta solo di cattiva stampa e di estremismo”.
La sentenza della Corte suprema non ha tenuto conto del parere degli esperti delle Nazioni Unite che, a inizio aprile, avevano definito l’iniziativa del governo russo “estremamente preoccupante”, denunciando “una minaccia non solo ai Testimoni di Geova, ma alla libertà individuale in generale nella Federazione russa”.
Le stesse preoccupazioni erano state espresse dagli evangelici italiani che avevano protestato contro la sentenza di messa al bando dello scorso aprile. In particolare, la Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (CCERS), presieduta dal pastore Luca Maria Negro, aveva definito più che preoccupanti le motivazioni della sentenza: “non dimentichiamo che anche nel nostro Paese meno di un secolo fa accuse analoghe furono rivolte, oltre che nei confronti dei Testimoni di Geova, anche degli ebrei e dei pentecostali e sulla base di quelle accuse si scrisse una pagina vergognosa della storia del nostro paese e dell’Europa”.
“Affermazioni – ha dichiarato il pastore Negro – che, alla luce della nuova sentenza, come evangelici italiani ribadiamo con forza, convinti che la libertà religiosa sia un diritto fondamentale e inalienabile”.