Roma (NEV), 6 novembre 2017 – Le chiese sono dei luoghi sicuri? No, non lo sono, secondo Ken Paxton, Attorney General (figura giuridica che ha funzioni di pubblico ministero e consulente giuridico del governo) del Texas.
“E’ già successo e dobbiamo aspettarci che in futuro succeda ancora”, ha dichiarato Paxton, in un articolo pubblicato da christiantoday.com, commentando la strage di Sutherland Spring, dove il 5 novembre 26 persone sono state uccise a colpi di arma da fuoco nella First Baptist Church durante il culto domenicale.
Questa analisi è purtroppo confermata dalle statistiche. Per esempio, quelle del Center for Homicide Research di Minneapolis che ha monitorato gli attacchi a mano armata avvenuti nelle chiese degli Stati Uniti dal 1980 al 2005. Si tratta di 145 attacchi che sono costati la vita a 185 persone, tra cui 36 bambini e bambine.
Dati da cui rimane fuori l’attacco alla Emanuel African Methodist Episcopal Church di Charleston (South Carolina), dove nel 2015 il suprematista bianco Dylan Roof uccise 9 persone afroamericane; e numerosi altri episodi che negli ultimi anni sono cresciuti in numero, intensità e vittime provocate. Secondo il centro di Minneapolis, la maggior parte di questi crimini dipende dall’odio verso uno specifico gruppo sociale o etnico.
Dunque, succederà di nuovo. E se l’analisi del procuratore Paxton è corretta, la sua soluzione ha lasciato molte persone interdette. “I fedeli dovrebbero partecipare ai culti portandosi dietro un’arma”, ha suggerito Paxton, dando voce in modo estremo a quanto molti tuttavia sostengono: che le stragi si possono evitare, o limitare, con una maggiore diffusione di armi.
Un’opinione diversa è stata espressa dal segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), pastore Olav Fykse Tveit, secondo cui “la facilità con cui negli Stati Uniti ci si può procurare armi dalla potenza devastante” permette alla “retorica estremista di debordare in atti estremi”.