Luterani italiani. Imparo ciò che vivo: un progetto contro il bullismo

Integrazione, corretti stili di vita, lotta alle ingiustizie e al bullismo. Sono i concetti che ispirano il nuovo progetto educativo della scuola Gesù di Nazareth della Chiesa luterana

Roma (NEV/Riforma.it), 3 dicembre 2017 – Imparo ciò che vivo è un progetto dell’Associazione Bimbo Aquilone onlus, che la Chiesa evangelica luterana in Italia (CELI) ha fatto proprio, condividendone obiettivi e responsabilità.

Il progetto ha finalità di formazione, istruzione, prevenzione e mira ad educare al rispetto dell’altro in quanto persona, a prestare attenzione ad alcuni pericoli legati all’indifferenza.

L’avvocato Daniela Barbuscia, responsabile dell’iniziativa, nonché della Diaconia della CELI, ci racconta: “Il progetto era già stato realizzato in tre scuole di Roma, e abbiamo pensato di replicarlo anche nella scuola della chiesa luterana Gesù di Nazareth, a Torre del Greco, in provincia di Napoli, che condivide valori e sentimenti di solidarietà dell’iniziativa. Con ‘Imparo ciò che vivo’ puntiamo a parlare del rispetto dell’altro: delle idee, della persona, della cultura. Crediamo nella prevenzione, nel fatto che si possa fare un percorso educativo a certi valori”.

Un progetto impegnativo: segue tutto l’anno scolastico, iniziando a novembre e concludendosi a maggio. Spiega Daniela Barbuscia: “Ci incontriamo con la classe una volta al mese, usiamo il loro linguaggio, abbiamo incontro molto dinamici. Abbiamo inventato un personaggio animato, Bull, un bimbo della loro età che pone delle domande e interagisce con la classe e con il professionista impegnato nella lezione”.

Fondamentale è anche il ruolo degli insegnanti nel supportare gli alunni nella realizzazione di opere manuali e disegni. “É un lavoro di gruppo – aggiunge Barbuscia – che necessita della collaborazione di tutti e quindi anche le insegnanti vengono coinvolte. Con le famiglie realizziamo un evento informativo iniziale, spiegando l’importanza del loro coinvolgimento. L’abbiamo adattato anche ai bambini della terza elementare. Secondo la nostra esperienza è una prevenzione che si può fare già da quell’età, anzi è una fascia in cui i bambini sono molto recettivi e nelle dinamiche di gruppo iniziano dei piccoli casi che non si possono ancora catalogare come bullismo, ma di inclusione o meno nei gruppi di amicizie”.

I bambini vengono spronati a riflettere e a dare voce al silenzio, ad esempio utilizzando dei metodi comunicativi anonimi. Nelle classi sono state distribuite due scatole: una “delle prepotenze” e l’altra “delle buone azioni”. Tramite messaggini lasciati al loro interno, i bambini sono incoraggiati ad esprimere le emozioni, a parlare, in maniera anonima, di fronte a un’ingiustizia oppure a valorizzare le azioni di solidarietà.

L’iniziativa è finanziata dalla CELI con i fondi dell’Otto per mille.

Questo articolo è a firma di Daniela Grill ed è stato pubblicato da Riforma.it.