Roma (NEV), 26 gennaio 2018 – Sono ancora sul piazzale antistante la chiesa di San Gerlando, a Lampedusa, i circa 50 ragazzi tunisini che ieri pomeriggio, verso le 14, hanno iniziato una protesta silenziosa con dei cartelli, dichiarando uno sciopero della fame. Alcuni di loro si sono cuciti le labbra. Due sono le richieste fatte alle autorità presenti: poter lasciare l’isola tutti insieme con la prima nave disponibile e non essere rimpatriati. Questa notte i ragazzi hanno dormito sotto al porticato della chiesa, alcuni cittadini hanno portato acqua, cibo e coperte. È in corso un tentativo di mediazione.
“Oggi sono state trasferite in Sicilia 40 persone, con il traghetto. La prossima nave potrebbe partire lunedì –. racconta all’agenzia stampa NEV l’operatore di Mediterranean Hope (progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia – FCEI), Alberto Mallardo, che si trova in questo momento nel piazzale della chiesa dove poco fa un ragazzo si è sentito male – Sono tre le opzioni possibili, ciascuna delle quali comporta un destino diverso: il rimpatrio in Tunisia con l’aereo, la richiesta di protezione internazionale oppure il restringimento differito, con l’ingiunzione di lasciare l’Italia entro 7 giorni”.
Al momento la situazione a Lampedusa appare senza tensioni, anche fra la popolazione locale che continua a manifestare interesse per quanto sta avvenendo. Sul piazzale sono presenti, oltre ai ragazzi tunisini, operatori e mediatori, polizia e autorità, cittadini comuni.
A febbraio la FCEI aprirà, insieme alla Fondazione Migrantes della CEI, uno sportello informazioni per rifugiati e migranti proprio nei locali della parrocchia di San Gerlando, in un progetto che vede insieme evangelici e cattolici per un “ecumenismo del fare”.