Roma (NEV), 31 gennaio 2018 – Il mese di febbraio potrebbe vedere un significativo passo in avanti nel processo di comunione tra la Chiesa metodista di Gran Bretagna e la Chiesa d’Inghilterra.
L’ordine dei lavori del prossimo Sinodo anglicano (Londra, 8-10 febbraio) prevede infatti la discussione del documento congiunto “Un patto per la missione e il ministero” che, se accolto – e se approvato il prossimo giugno dalla Conferenza metodista britannica -, comporterebbe cambiamenti di primaria importanza nelle relazioni delle due chiese, tra tutti il riconoscimento reciproco dei ministeri..
“Questo vorrebbe dire che i pastori metodisti e i sacerdoti anglicani potranno servire in entrambe le chiese, offrendo un segno molto forte di unità”, spiega il pastore Tim Macquiban, direttore dell’Ufficio ecumenico metodista di Roma (MEOR), una recente istituzione internazionale sostenuta, tra gli altri, dal Consiglio metodista mondiale.
Il documento – frutto di un lungo lavoro teologico portato avanti da un gruppo congiunto delle due chiese a partire dal “Patto (Covenant) metodista anglicano” firmato nel 2003 – congiunto offre una soluzione al problema che fino ad oggi ha impedito il riconoscimento reciproco dei ministeri: quello dell’assenza di un ministero episcopale metodista.
“Il documento – spiega Macquiban – propone di riconoscere la figura del presidente della Conferenza metodista, l’assemblea che costituisce la massima autorità della chiesa, quale ‘vescovo–presidente’ che esprimerebbe nella sua persona il ministero di supervisione che oggi compete alla Conferenza”.
Questa soluzione, sostiene lo stesso documento, sarebbe “compatibile con la teologia metodista” perché pur introducendo la figura del vescovo – riconoscendola come “un segno, ma non una garanzia, della continuità e dell’unità della Chiesa” – la Conferenza continuerebbe ad essere l’organo decisionale della chiesa.
“Esistono tuttavia dei nodi che potrebbero vedere delle resistenze in entrambe le chiese”, ammonisce Macquiban. L’accordo suggerirebbe, per esempio, una differenza tra i nuovi pastori – e pastore – metodisti consacrati da un vescovo e quelli precedenti il cui ministero verrebbe considerato da parte anglicana una “anomalia temporanea”. Da parte anglicana, c’è poi la necessità di approfondire la concezione metodista dell’episcopato storico.
Nonostante ciò, il desiderio di unità sembra essere ampio in entrambe le chiese. “Personalmente sostengo questo accordo perché permette di rendere visibile in modo concreto l’unità che cerchiamo”, afferma Macquiban che a Roma, come direttore del MEOR ha eccellenti relazioni con il Centro anglicano della capitale italiana.
“Lavorare insieme in progetti sociali o di missione è un’ottima cosa, ma dimostrare che riconosciamo l’interscambiabilità dei ministri nelle nostre chiese, la possibilità di ricevere il pane e il vino della Cena del Signore da un pastore metodista e un sacerdote anglicano che presiedono insieme alla Mensa del Signore; tutto questo offrirebbe un segnale molto forte che la ricerca dell’unità non è un sogno impossibile ma un cammino che si può davvero percorrere”, ha concluso Macquiban.