Roma (NEV/Riforma.it), 7 febbraio 2018 – L’anno che si è da poco aperto è particolare perché in esso ricorrono i decennali di alcune date molto importanti per la vita pubblica italiana. Certo, si ricorda che giusto un secolo fa terminava una guerra devastante come la prima guerra mondiale. Ma oltre a ciò, ricorrono anche i centosettant’anni dello Statuto albertino, con annesse le Lettere Patenti che riconoscevano i diritti civili ai valdesi prima e agli ebrei poi. D’altro canto, si ricordano però gli ottant’anni dalle famigerate Leggi razziali che il regime fascista promulgò nel 1938, dando inizio alle persecuzioni che culminarono con i grandi rastrellamenti del 1943. E infine ci sono i settant’anni della Costituzione. Non c’è che dire: si apre un anno carico di memoria e ricordare ciò che è stato è quanto mai importante in questo periodo di letargo delle coscienze.
Tre date, dunque: 1848 – 1938 – 1948, che raccontano momenti fondamentali della vita nazionale, ma a cui vogliamo guardare da un punto di vista tutto particolare: la storia della libertà di coscienza e di culto nel nostro Paese.
In questo lasso di tempo, infatti, la legislazione è passata dai culti “negati” a quelli “tollerati”, poi “ammessi”, con le leggi del 1929/30, e quindi “ugualmente liberi” della Costituzione. Passando però attraverso l’orrore della Shoah. Questi lenti e laboriosi progressi e queste cadute subitanee nella tragedia, unitamente al fatto che da oltre vent’anni giace in Parlamento una nuova legge sulla libertà religiosa che non riesce mai a vedere la luce, danno il senso di come nel nostro Paese la libera espressione della fede e del culto sia sempre molto fragile. È un dato a cui bisogna stare molto attenti e su cui occorre riflettere perché in tempi, come il nostro, in cui le identità personali si affievoliscono, sorge prepotente la tentazione di rifondare la propria identità e le proprie certezze ricercando un nemico da combattere, un “altro” da odiare. E chi meglio del rappresentante di religione diversa da quella comune può rappresentare questo “altro” da combattere? Mille piccoli segnali ci dicono che questa è la china su cui il nostro Paese sta scivolando.
Per questi motivi, la chiesa valdese di Torino e la comunità ebraica organizzano per il secondo anno consecutivo per la sera di sabato 17 febbraio il falò delle libertà nella centralissima piazza Castello. Sarà una serata di festa con canti e con messaggi da parte di vari esponenti del Comune e della Regione, che hanno concesso il loro patrocinio, che vuole chiamare la cittadinanza a riflettere sulla necessità di difendere e di ampliare le libertà e i diritti di tutti i cittadini.
In questo stesso senso si muove anche il convegno organizzato per venerdì 16, all’Auditorium Vivaldi – Biblioteca Nazionale Universitaria in piazza Carlo Alberto 3, con inizio alle 9, dal titolo Religione e democrazia – A 170 anni dallo Statuto albertino, a 80 dalle leggi razziali. Nella prima parte della mattinata, si avrà una sessione dedicata soprattutto al contesto storico, dal titolo: Dalla monarchia assoluta a quella costituzionale: un passo verso le libertà?, in cui eminenti storici rappresenteranno il quadro degli avvenimenti di quell’importante anno che è stato il 1848. Nella seconda parte, dal titolo: Libertà di culto: una legge mai nata, Alberto Melloni, Gustavo Zagrebelsky e Valdo Spini faranno il punto sullo stato di salute della libertà di culto oggi in Italia.
Si tratta dunque di due appuntamenti quanto mai importanti per l’inizio di un dibattito che la nuova legislatura non potrà più permettersi di ignorare.
Naturalmente, alla parte più pubblica corrisponderà, come da tradizione, anche una parte “ecclesiastica”: domenica 18 nel tempio valdese di corso Vittorio Emanuele II si terrà alle 10.30 il culto unificato condotto dal pastore Claudio Pasquet, a cui farà seguito l’agape fraterna e la presentazione del libro Sangue freddo di Federico Jahier. Chi desidera partecipare al pranzo è pregato di prenotarsi entro giovedì 15 presso la segreteria della Chiesa (tel. 011-669 28 38).