Roma (NEV), 22 febbraio 2018 – All’età di 99 anni è morto ieri a Montreat (USA), Billy Graham. Considerato il “Pastore d’America”, intimo di ben 11 presidenti degli Stati Uniti, Graham è stato probabilmente tra i predicatori evangelici più influenti del XX secolo, avendo predicato in tutto il mondo a milioni di persone.
Tuttavia, il giudizio sulla sua eredità rimane controverso: si va dall’articolo di Matthew Avery Sutton sul quotidiano britannico “The Guardian” che, rifacendosi al suo conservatorismo teologico e politico, ritiene che Graham si sia sempre schierato “dal lato sbagliato della storia”, al tributo d’affetto reso pubblico dal pastore Jim Wallis, fondatore della rivista Sojourners, che ha ricordato come Graham abbia incoraggiato e ispirato il suo lavoro di attivista per la giustizia sociale.
“In effetti, la figura di Billy Graham è comprensibile solo alla luce della grande tradizione di predicatori evangelici itineranti americani della prima metà del Novecento”, ha spiegato all’agenzia stampa NEV-notizie evangeliche Massimo Rubboli, americanista, docente all’Università di Genova.
Una tradizione che prevede una predicazione semplice di grande presa, teologicamente conservatrice, capace di rivolgersi a persone molto diverse, che “con Graham per la prima volta usa con efficacia i nuovi mezzi di comunicazione, la radio e la televisione”, rimarca Rubboli.
“Un telepredicatore di massa che però non è mai stato investito da uno scandalo né di tipo sessuale né finanziario, come invece è spesso successo a molti altri suoi colleghi, di valore e moralità inferiore. Questa integrità – afferma Rubboli – è da ricordare”.
Teologicamente e politicamente conservatore, Graham è stato capace di significativi slanci in avanti. “Già negli anni Cinquanta – spiega Rubboli – le sue campagne di evangelizzazione promuovevano l’inclusione di bianchi e afroamericani, nel contesto degli Stati Uniti del sud ancora fortemente caratterizzato dalla segregazione razziale”.
Se invece vogliamo indicare un momento negativo della sua carriera, questo è costituito dal suo appoggio all’amministrazione del presidente USA Richard Nixon che finì con lo scandalo Watergate e fu legata alla guerra nel Vietnam. In quel frangente, Graham diede sfogo al suo anti-comunismo e alla sua difesa dei valori tradizionali americani nei confronti della montante protesta giovanile.
“Un errore che, anni più tardi, egli stesso riconobbe, ma che lasciò su di lui un marchio permanente”. E’ soprattutto per questo che Graham non è mai stato particolarmente popolare nel protestantesimo storico italiano di quegli anni, come pure in quelli successivi.
“Tuttavia – conclude Rubboli -, se considerato dal punto di vista della società statunitense, Graham è sempre stato un moderato. Conservatore, ma non ultraconservatore, evitò di farsi fagocitare dalla Moral Majority come da altri movimenti evangelicali di ultra destra più recenti. Si mantenne nell’ambito delle chiese mainstream protestanti ed ebbe un atteggiamento sostanzialmente ecumenico. Tra errori e ombre, il mio giudizio è tutto sommato positivo per una persona che non ha mai rinunciato alla sua integrità e onestà”.