Roma (NEV), 14 marzo 2018 – Chiamati a camminare sulla “via della croce, che mette in questione ogni privilegio e potere personale o strutturale” e a vivere “nella luce della resurrezione, che porta possibilità di cambiamento piene di speranza”.
E’ questa la prospettiva che ha guidato la Conferenza sull’evangelizzazione e la missione mondiale tenutasi ad Arusha, Tanzania, dall’8 al 13 marzo scorsi per iniziativa del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC).
Oltre mille partecipanti si sono ritrovati attorno al tema “Muoversi nello Spirito: chiamati a un discepolato che trasforma”, per un evento che ha seguito il ritmo, i colori e la musica africana e che ha coinvolto la più ampia varietà delle tradizioni e confessioni cristiane: protestanti, ortodossi, cattolici romani, evangelicali e pentecostali.
“Nonostante qualche barlume di speranza, dobbiamo ancora confrontarci con forze portatrici di morte che scuotono l’ordine mondiale e infliggono sofferenze a molti”, hanno scritto i partecipanti nella “Chiamata di Arusha al discepolato”, il documento finale dell’incontro che prosegue: “Osserviamo l’oltraggioso accumulo di ricchezze dovuto a un unico sistema finanziario, che arricchisce i pochi e impoverisce i molti”.
E’ in questo contesto che i cristiani sono chiamati, nella forza dello Spirito, a un discepolato che trasforma attraverso “un modo di vivere ispirato da Cristo in un mondo dove molti affrontano la disperazione, la solitudine e l’inutilità”.
Una chiamata che si esprime in diversi ambiti: la cura per il Creato a fronte del cambiamento climatico; la costituzioni di comunità ecumeniche ed inclusive a fronte di un mondo che esclude e marginalizza, al dialogo con persone di altre fedi a fronte della politicizzazione delle identità religiose.
“Siamo chiamati – afferma inoltre il documento – ad abbattere muri e ricercare la giustizia insieme alle persone che sono private delle loro terre e obbligate ad abbandonarle, insieme ai migranti, ai profughi e a chi cerca asilo; siamo inoltre chiamati a resistere all’innalzamento di nuove frontiere e confini che separano e uccidono”.