Ginevra (NEV), 25 giugno 2018 – Al termine della giornata che ha visto lo scorso 21 giugno papa Francesco compiere un “Pellegrinaggio ecumenico” presso la sede del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) di Ginevra in occasione del settantesimo dell’organismo ecumenico mondiale, abbiamo chiesto due battute al pastore Konrad Raiser, dal 1993 al 2003 segretario generale del CEC. Teologo tedesco, 80 anni spesi a favore dell’unità visibile tra cristiani, Raiser ha vissuto tutte le stagioni dell’ecumenismo, e dice di guardare di nuovo avanti con speranza.
Pastore Raiser, tra i temi affrontati durante la giornata dal motto “Camminare, pregare, lavorare insieme”, qual è quello che ritiene più importante?
La visita di papa Francesco è stata incoraggiante sotto molti punti di vista. Tra i temi affrontati, quello più significativo è certamente quello relativo all’intenso lavoro che il CEC sta portando avanti con la chiesa cattolica sui temi oggi non più procrastinabili dei flussi migratori, della xenofobia e del populismo.
Lei fa riferimento alla conferenza internazionale promossa congiuntamente che si terrà a metà settembre in Vaticano proprio con il titolo “Migrazioni, xenofobia, populismi”?
Sì, da diverso tempo, in preparazione di questo evento, con i nostri partner cattolici portiamo avanti intense discussioni sul ruolo e sulla responsabilità che hanno le chiese, tutte, nel contrastare fenomeni quali il razzismo, il nazionalismo, la violenza. E’ un punto importantissimo, che in tema di dialogo ecumenico ci permette di guardare avanti con speranza. Questa conferenza si svolgerà anche in collegamento con il Global Migration Compact proposto dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e che sarà all’attenzione dell’Assemblea generale dell’ONU in agenda a fine anno.
Insomma, serviva prima una crisi migratoria, l’ascesa dei populismi e l’aumento di fenomeni di razzismo nel mondo perché le chiese si mettessero intorno a un tavolo per capire cosa fare insieme?
Per quanto mi riguarda, l’attenzione rivolta a queste questioni – e la qualità del lavoro svolto – mi ricordano quello che era il SODEPAX, il Comitato congiunto CEC-Chiesa cattolica su “società, sviluppo e pace” nato dopo il Concilio vaticano II; un’esperienza significativa che purtroppo terminò nel 1980. Ecco, dopo una pausa fin troppo lunga, mi sembra che ci si stia riallacciando a quel discorso lì, ed è una buona notizia. Così com’è una buona notizia che con papa Francesco, in tema di evangelizzazione, siamo di fronte al superamento della differenziazione tra missione e diaconia. Oggi insieme possiamo affermare che la diaconia attiva è parte integrante della missione.