Roma (NEV), 10 ottobre 2018 – Si celebra oggi la XVI Giornata mondiale contro la pena di morte, indetta quindici anni fa dalla Coalizione mondiale contro la pena di morte di cui fa parte anche la Federazione internazionale delle azioni dei cristiani per l’abolizione della tortura (FIACAT). Il focus di quest’anno pone l’accento sui condannati che si trovano costretti, anche per lunghi periodi, nel braccio della morte in attesa dell’esecuzione.
Sul sito della Coalizione si legge: “Che si tratti delle condizioni di isolamento negli Stati Uniti o di carceri sovraffollate in alcuni paesi africani e asiatici, le condizioni di vita dei condannati a morte sono causa di disumanizzazione, e vanno a discapito della dignità degli individui. Spesso le persone condannate a morte diventano esseri in cui la società non investe più. È come se, prima di essere giustiziati, queste persone non avessero più il diritto alla vita, come se non fossero più considerate ‘esseri umani’… i detenuti nel braccio della morte hanno pochissimi contatti con le loro famiglie e gli avvocati, in quanto l’accesso al braccio della morte è molto limitato. Pertanto, le condizioni di detenzione riguardano non solo i condannati a morte, ma anche le famiglie, i parenti.”
ACAT Italia (Azione dei cristiani per l’abolizione della tortura), che si batte da sempre per l’abolizione della pena di morte, per rispondere all’appello della Coalizione ha deciso di dedicare l’appello urgente del mese al caso di Ho Duy Hai, un ragazzo vietnamita di 30 anni, nel braccio della morte da 10 anni, in seguito alla condanna pronunciata nel 2008 e ad un processo che presenta varie incongruenze.
Il presidente di ACAT Italia, Massimo Corti, ha dichiarato che “troppi casi come quello di Ho Duy Hai ci sono ancora nel mondo. Troppe persone sottoposte alla tortura infinita di non sapere quando la condanna verrà effettivamente eseguita, uomini e donne annientati ancor prima di morire. Nostro compito è quello di far conoscere e sensibilizzare il più possibile perché si ponga fine alla barbarie della pena di morte e si giunga ad una moratoria universale”.
ACAT Italia è stato fondato formalmente nella primavera del 1987 grazie al contributo della chiesa valdese di Roma e del movimento “Rinascita Cristiana”. La sua nascita si deve all’ispirazione del pastore valdese Tullio Vinay, tra i primi in Europa a denunciare le violenze subite dai prigionieri politici in Vietnam. Sin dalle sue origini ACAT scelse di operare su basi ecumeniche, raccogliendo protestanti, cattolici, ortodossi e altre confessioni cristiane disposte a pregare e ad agire insieme. Tra le battaglie dell’associazione, spicca quella contro la pena di morte. Dal 2008 ACAT ha istituito un Premio di laurea per tesi sul tema della tortura e della pena di morte con il sostegno dell’8×1000 delle chiese metodiste e valdesi.