Roma (NEV), 18 ottobre 2018 – Un tribunale amministrativo di Gerusalemme ha invalidato la risoluzione dello stato di impedire l’ingresso nel paese della dottoressa Isabel Apawo Phiri, vice segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC). Il giudice ha stabilito che la “Legge anti-boicottaggio, disinvestimento e sanzioni” non può essere applicata retroattivamente per impedire a qualcuno di visitare Israele, e che le motivazioni fornite a Phiri nel momento dell’espulsione erano prive di fondamento.
Il tribunale ha altresì ordinato al Ministero dell’Interno (MOI) di emettere una nuova decisione entro 60 giorni.
L’avvocato Michael Sfard, che ha rappresentato Phiri nel caso, ha dichiarato: “Il trattamento del MOI e del Ministero degli affari strategici sul caso di Isabel Apawo Phiri è stato caratterizzato da sempre da negligenza e squilibrio. Hanno negato l’ingresso in Israele a un membro di un’organizzazione ecclesiastica che rappresenta oltre mezzo miliardo di cristiani sulla base di una ricerca piena di errori e inesattezze, le hanno presentato una falsa spiegazione. Il tribunale d’appello ha offerto alle autorità un’opportunità d’oro per correggere i loro errori e il torto che hanno commesso.”
Isabel Apawo Phiri, originaria del Malawi, si stava recando a Gerusalemme per incontrare diversi leader religiosi e partecipare ad attività nel quadro del Programma ecumenico di accompagnamento in Palestina e Israele (EAPPI) del CEC. A suo tempo il CEC aveva fatto notare come Phiri fosse l’unico membro della delegazione con origini africane, e l’unica ad essere trattenuta. Il quotidiano israeliano Haaretz, invece, aveva riportato che ad Apawo Phiri sarebbe stato negato il visto d’ingresso sulla base di un suo supposto attivismo anti-israeliano.