Roma (NEV), 10 dicembre 2018 – In occasione del 70° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, abbiamo intervistato il professor Enrico Giovannini, già Ministro del lavoro e delle politiche sociali, portavoce dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), che promuove l’Agenda 2030 e i relativi 17 obiettivi ONU per lo sviluppo sostenibile.
Professor Giovannini, recentemente ha partecipato al convegno ecumenico sulla custodia del creato, promosso dall’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (UNEDI) della CEI, in collaborazione con la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e altre chiese cristiane, il cui titolo era “Il tuo cuore custodisca i miei precetti (Proverbi 3:1). Un Creato da custodire da cristiani responsabili, in risposta alla Parola di Dio”. Può l’Ecumenismo essere un volano per i diritti?
Non può che essere un volano, e senza questa visione che in gergo politico si chiamerebbe multilateralismo, cioè il fatto che bisogna coinvolgere tutti, non riusciremmo a risolvere molti dei problemi sui diritti globali e le sfide che abbiamo, come ad esempio quella ambientale e quella migratoria. Sono sfide straordinariamente importanti, che hanno bisogno di tutte le componenti delle società e delle fedi. L’ecumenismo è quindi uno strumento vitale per far avanzare questa agenda, senza la quale non avremmo futuro.
Quali sono secondo lei i maggiori ostacoli per la tutela dei diritti umani e per una comprensione profonda e interculturale dell’universalità dei diritti?
L’ostacolo principale è la paura. La paura è in parte giustificata, perché l’idea, soprattutto in Occidente, che il futuro sarà necessariamente migliore dal passato, è cambiata. Parliamo di quella che Zygmunt Bauman definisce retrotopia, una sorta di utopia rivolta al passato, dove molte persone collocano l’immagine di una società migliore. Con la globalizzazione, tutti noi, compreso il pianeta, stiamo compiendo questo passaggio culturale, e lo stiamo facendo in poche decine di anni. Tante persone non si sentono all’altezza o sono spaventate da questo passaggio e sognano di poter tornare in un mondo in cui magari i poveri morivano e i ricchi avevano quello che si aspettavano di avere. La redistribuzione delle catene del valore e della produzione, l’uscita dalla povertà di oltre un miliardo di persone, hanno messo in dubbio la vita di operai, impiegati e artigiani nei paesi sviluppati, tutte persone che sentono di stare peggio di prima. Guardandoci intorno, osserviamo come i fenomeni populisti e nazionalisti siano legati all’idea di tornare indietro, in un passato che i politici vendono come migliore del presente. In questo contesto, confrontarsi con persone diverse, con culture e religioni diverse fa paura e in molti ritengono migliore rinserrare le fila e difendersi piuttosto che andare insieme in un futuro diverso.
Paesi come Ecuador e Bolivia hanno inserito nelle loro Costituzioni, come soggetto di diritto, la natura. Vede possibile questo in Italia e in Europa? Quali interrelazioni sono possibili fra i diritti e l’ambiente?
Nell’articolo 3 del trattato dell’Unione Europa noi abbiamo già un chiaro riferimento allo sviluppo sostenibile, che è alla base di un’idea di giustizia fra generazioni che passa anche per l’obbligo di lasciare un capitale naturale, se non proprio intatto, almeno preservato. Come Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) che riunisce oltre 200 istituzioni e reti della società civile, fra cui associazioni, enti, università e centri di ricerca, proponiamo di cambiare la Costituzione italiana inserendo il principio di sviluppo sostenibile come già è avvenuto ad esempio in Francia, Belgio, Norvegia e Svizzera. L’idea di dover rispettare i diritti delle generazioni future è auspicabile, oltre che possibile.
C’è chi ritiene che si dovrebbe integrare l’articolo 9 della Costituzione (“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”, ndr) inserendo il diritto a vivere in un ambiente sano. Che anche l’ambiente e la natura abbiano i loro diritti è un concetto che è apparso in alcune costituzioni. Senza arrivare a questo, possiamo immaginare, intanto, un passaggio in cui lo sviluppo sostenibile diventi uno dei principi fondanti della costituzione, dal quale deriverà quindi che le leggi formulate dovranno tenere conto di questo principio. Sarebbe già un passo molto importante.