A una settimana dall’autoproclamazione di Juan Guaidò a presidente della Repubblica Bolivariana di Venezuela, che ha aperto una situazione di crisi nel paese caraibico, l’Agenzia Nev ha intervistato la Giunta del Sinodo della chiesa presbiteriana del Venezuela sulla situazione che si sta vivendo nel paese e sulle possibilità che si prospettano per il popolo venezuelano.
Qual è in questo momento la situazione in Venezuela?
Siamo davanti ad una fase molto complessa, di molta tensione e incertezza, perché ci sono diversi fattori che la influenzano. Tra questi possiamo citare una grande polarizzazione politica in tutto il paese, un’inflazione galoppante che limita in modo straordinario l’acquisizione di prodotti di base del paniere familiare, di forniture mediche, medicinali, articoli di igiene personale; c’è anche un aumento del prezzo del trasporto pubblico e privato e una carenza di mezzi di trasporto. Su tutto questo insiste una grande crisi etica e morale che ha favorito un aumento della corruzione in tutti i settori. Il governo ha attivato alcune azioni per contrastare questa realtà, ma si sono dimostrate insufficienti a soddisfare i bisogni e le contingenze che si presentano nel quotidiano. Non possiamo poi non menzionare che vi sono processi di ingerenza esterna, minacce di invasione, sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall’Unione europea, che sono rafforzate da una grande influenza dei media nazionali e internazionali.
In che modo la gente vive questo momento complicato?
Il popolo vive questa situazione generale con grande incertezza perché ogni giorno si presentano circostanze nuove. Alcuni vivono la situazione come una sfida e hanno sviluppato attività creative che consentono loro di avere nuovi redditi economici e hanno migliorato la loro alimentazione con gli orti urbani, sperimentando nuove ricette per cucinare e utilizzando meglio le risorse. Altre persone vivono nella disperazione e con grande amarezza. Altri ancora desiderano ardentemente che arrivi un aiuto esterno affinché la situazione sia risolta. E c’è anche chi ha approfittato delle circostanze, del bisogno della gente.
Come è percepita la autoproclamazione a presidente di Guaidò, considerando che in Venezuela ci sono state elezioni meno di un anno fa?
Per quanto riguarda la situazione politica noi, come chiesa, rispettiamo e chiediamo di rispettare la Costituzione e le leggi, che stabiliscono chiaramente quali sono i meccanismi corretti per sostituire un Presidente, tenendo sempre presente che il nostro sistema di governo non è parlamentare ma presidenziale, e quindi l’Assemblea nazionale non ha il potere di assumere funzioni esecutive. I cittadini e le cittadine stanno vivendo questa polarizzazione esistente: per alcuni questa è l’occasione per cambiare la situazione sociopolitica ed economica del paese; per altri rappresenta l’apertura di una porta per un processo di intervento straniero. Va notato che, nonostante la situazione attuale, in questo momento la popolazione rimane calma e le dimostrazioni, sia da parte dell’opposizione che dei funzionari filogovernativi, sono state pacifiche, anche se il 23 e il 24 gennaio in alcuni settori c’è stata una dinamica piuttosto violenta.
Cosa state facendo, come chiesa, oltre ad appellarvi al dialogo come appare nella Dichiarazione del 25 gennaio?
Come chiesa presbiteriana del Venezuela, non abbiamo preso nuove iniziative, dopo la Lettera pastorale che è stata preparata nel XXIX Consiglio sinodale del 2018. Tuttavia, così come riportato dalla stessa lettera, e come Istituzione, siamo fermi nella nostra decisione di essere parte della soluzione e non parte del problema. Possiamo comunque menzionare che sono in campo sforzi personali per ottenere, attraverso il dialogo, il rispetto, la riconciliazione e la pace.
Esiste una rete ecclesiale ed ecumenica, con la chiesa cattolica e altre comunità religiose, che sta lavorando per cercare di uscire da questa situazione?
La chiesa presbiteriana del Venezuela lavora insieme ad altre chiese; noi siamo una chiesa ecumenica. Tuttavia, il rapporto con la chiesa cattolica, le altre chiese evangeliche e altre organizzazioni religiose, non ha incluso il lavoro di promozione del dialogo né con il governo, né con l’opposizione. Le opere in ambito ecumenico fino ad ora si sono realizzate solo nelle attività ecclesiali e nel servizio sociale.
Qual è la vostra posizione come chiesa rispetto alla situazione odierna del Venezuela?
In quanto istituzione ecclesiastica, la chiesa presbiteriana del Venezuela non ha alcuna posizione politica partitica. Partendo dal principio della libertà di coscienza, ogni membro della comunità di fede ha la possibilità, a partire dalle sue convinzioni, di assumere la propria posizione.
Pur riconoscendo che nella chiesa presbiteriana del Venezuela sono presenti posizioni diverse ci richiamiamo a quanto espresso nella Lettera pastorale del 2018 che è una guida per orientarci nella situazione attuale.
Per prima cosa chiediamo alle chiese sorelle di ricordare il popolo venezuelano nelle loro preghiere e di fare pressione sui governi affinché dicano no alle interferenze nelle decisioni sovrane del popolo venezuelano. Ratifichiamo che qualsiasi azione da, verso o nei confronti del nostro paese, deve essere conforme alle disposizioni della Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Allo stesso modo riconosciamo che la nostra sovranità è un principio non negoziabile e quindi non possiamo accettare che le decisioni siano prese da governi stranieri. Rifiutiamo con forza qualsiasi ingerenza in Venezuela da qualsiasi parte provenga.
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