Roma (NEV), 27 febbraio 2019 – Si sono incontrati a Parigi fra il 21 e il 22 febbraio scorso i vertici battisti d’Italia, Francia e Spagna. L’Agenzia NEV ha intervistato Cristina Arcidiacono, segretaria del Dipartimento di teologia e pastora battista, che ha partecipato attivamente ai lavori.
Come nasce questo incontro? Chi ha lavorato per realizzarlo e quali sono gli obiettivi?
Durante lo scorso Consiglio della Federazione battista europea (EBF), è partita l’idea di vedersi come unioni o federazioni di chiese battiste di Paesi che condividono aree geografiche con una storia comune, per conoscersi meglio e avere occasioni di scambio. Questo primo incontro è stato un po’ un esperimento, mancavano il Portogallo e il Belgio, si vorrebbe invitare anche la Grecia. L’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI) e la Federazione battista francese fanno entrambe parte della Conferenza delle chiese protestanti dei Paesi latini d’Europa (CEPPLE): non si tratta di creare un doppione denominazionale, ma di condividere le rispettive situazioni di minoranza nei propri paesi e anche i progetti di attività.
Quali sono i temi che sono stati affrontati?
È stato un incontro di presentazione: i diversi Paesi hanno presentato la propria situazione numerica, l’organizzazione, le proprie attività sul territorio, come avviene la formazione dei ministri e delle ministre, ma si è parlato anche della situazione politica, di libertà religiosa, dell’impegno nei confronti dell’accoglienza dei rifugiati. È stato importante svolgere questo incontro alla Maison du Protestantisme, a Parigi, luogo dove hanno la sede, oltre alla Federazione battista, anche la Federazione protestante di Francia (FPF), la Chiesa protestante unita di Francia (EPUF) e tutte le agenzie delle chiese protestanti francesi.
Quali sono le criticità e le sfide comuni delle realtà battiste di Francia, Italia e Spagna?
Una prima sfida è quella di agire insieme alle altre chiese per testimoniare la giustizia del Regno di Dio. In questo senso il presidente dell’UCEBI, Giovanni Arcidiacono, ha parlato dell’esperienza ecumenica in Italia, il tentativo di inserirsi nell’orizzonte della preghiera di Gesù “Che siano tutti uno”, a partire da un comune impegno nei confronti dei minimi, ma anche per testimoniare l’esigenza di laicità e di pluralismo religioso. Per i battisti spagnoli è difficile pensare a collaborazioni con la chiesa cattolica e l’esperienza italiana è stata accolta come l’occasione per riflettere e riorientare il pensiero e i progetti.
C’è poi la riflessione sulla missione, sull’annuncio dell’evangelo nei contesti di provenienza, con gli interrogativi comuni per un annuncio che sia profetico e inclusivo delle diversità. Questo non sempre è possibile e non sempre è voluto e i conflitti di interpretazione tanto della realtà quanto delle Scritture sono al centro delle relazioni con le diverse agenzie missionarie.
È stato solo un incontro di interscambio o si prospetta la possibilità di lavorare insieme ad alcuni dei temi emersi?
Dopo questo primo incontro si vorrebbe progettare un incontro più “tematico”, che coinvolga anche le persone responsabili di diverse aeree di lavoro, per riflettere sulla teologia, come modo di vivere la propria testimonianza nei rispettivi contesti, sulla pratica pastorale, (formazione e organizzazione dei ministeri) e sul “church planting”, sul mettersi in ascolto del bisogno di comunità e di vita nuova in Cristo.
C’è un’identità di vedute rispetto ai grandi temi di attualità, soprattutto in campo sociale (vedi accoglienza, migrazione, nuove povertà), che attraversano l’Europa? E come si pensa di lavorare insieme in questi campi?
Spagna e Italia, insieme alla Grecia, sono state e sono fortemente coinvolte dalla chiamata all’accoglienza delle persone rifugiate. L’Unione battista spagnola ha dei legami di solidarietà in questo senso con la Grecia. Si tratta di temi che negli altri Paesi più che per le chiese battiste in Italia hanno bisogno di essere trattati con attenzione. Ho percepito forte il rischio di trasformare la testimonianza in politica e parlare di politica sembra faccia sempre paura. Occorre esplicitare i termini del discorso e devo dire che l’importanza dei soggetti in discussione, le persone, migranti, torturate, respinte, è tale che non le si può non accostare al prossimo, a quei piccoli, a quelle piccole, che siamo chiamati non solo ad accogliere, visitare, sfamare, vestire, ma anche a non scandalizzare.