Roma (NEV), 21 marzo 2019 – A proposito del Congresso Mondiale delle Famiglie che si terrà a Verona, dal 29 al 31 marzo 2019, l’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne, di cui fanno parte 22 donne di diverse tradizioni religiose (cristiane protestanti -luterane, metodiste, valdesi, battiste, avventiste, pentecostali -, cattoliche, ortodosse, ebraiche, islamiche, induiste, buddhiste), ha diramato un comunicato stampa in cui esprime preoccupazione per “il carattere ideologico discriminatorio e violento che emerge sia dal testo della convocazione sia dagli interventi preliminari pronunciati dai leader che parteciperanno all’incontro”.
“Siamo profondamente consapevoli del ruolo che il contesto culturale e le tradizioni religiose hanno giocato e giocano ancora nel mantenere in vita la disparità nel rapporto uomo-donna, secondo un sistema gerarchico di dominio maschile che struttura, più o meno visibilmente, l’intera società. Sappiamo che questo è il brodo di coltura da cui scaturiscono le violenze: quelle contro le donne così come tutte quelle che si fondano su ogni prevaricazione e discriminazione. Sappiamo anche che purtroppo la famiglia, idealizzata come luogo degli affetti e della cura, a volte si trasforma nell’incubatrice più pericolosa per l’esercizio di violenze di ogni genere nei confronti delle donne” si legge nel testo. Che prosegue con un’analisi del principio di famiglia naturale che, dice l’Osservatorio, “ha imprigionato le donne per secoli”.
“Ingabbiare l’amore nella cornice della “famiglia naturale”, che esclude le famiglie omoaffettive, pronunciarsi contro una legge come la 194 che ha consentito a molte donne di salvarsi dalla morte causata da interventi clandestini, voler costringere le donne nel ruolo di macchine riproduttive a servizio della nazione, riproporre la ‘tradizione’ come panacea di ogni male senza fare i conti con i dati storici della subalternità in cui le donne sono state relegate per secoli è, a dir poco, intollerabile” prosegue il comunicato, che passa poi a sottolineare quello che definisce “l’aspetto più grave in assoluto” e cioè “la violenza culturale che sta dietro a tutto questo: è l’idea che ci sia un modello unico a cui tutte e tutti devono aderire, che per ognuno e soprattutto per ognuna ci sia un solo ruolo da ricoprire, e non sia ammessa alcuna “diversità” – pericolosa premessa per il rifiuto della/del “diversa/o” che viene da lontano, integrabile solo come schiava/o, magari sessuale. L’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne vuole impegnarsi con determinazione e in ogni modo, campo e occasione per contrastare questa ingiustificabile violenza” conclude.
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