Mezzo milione di stupri in guerra. E l’ONU cosa fa?

Anche la Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI) aderisce al comunicato dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne. La presidente Gabriela Lio: gli stupri seminano terrore fra le popolazioni, disgregano famiglie e distruggono le comunità, in alcuni casi anche al fine di modificare la composizione etnica della generazione successiva

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Roma (NEV), 9 maggio 2019 – La Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI) ha aderito al comunicato dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne in merito alla risoluzione adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti armati.

“Come donne FDEI siamo indignate per le reticenze della risoluzione 2467/2019 perché conosciamo i dati che le stesse agenzie delle Nazioni Unite calcolano – ha dichiarato la presidente della FDEI, pastora Gabriela Lio, all’Agenzia NEV –. Più di 60.000 donne sono state stuprate durante la guerra civile in Sierra Leone, più di 40.000 in Liberia, fino a 60.000 nella ex Iugoslavia, almeno 200.000 nella Repubblica democratica del Congo e in Rwanda fra le 100.000 e le 250.000 donne”.

“Questi stupri vengono commessi allo scopo di seminare terrore fra le popolazioni, disgregare famiglie, distruggere le comunità e in alcuni casi anche al fine di modificare la composizione etnica della generazione successiva – denunciano le donne FDEI –. Abbiamo dati che ci dicono che a volte si fa ricorso allo stupro anche per contagiare deliberatamente le donne con il virus dell’HIV e per rendere le donne appartenenti alla comunità presa di mira incapaci di procreare”.

Di fronte a questi dati, le donne federate riconoscono da una parte positivamente le articolazioni del testo e le raccomandazioni volte a combattere l’uso dello stupro come arma di guerra, ma si dicono “indignate” perché in una risoluzione volta a combattere l’uso dello stupro come arma di guerra, conclude la pastora Lio “non si può ammorbidire il testo negando la dignità umana e il rispetto alle donne offese, violentate e usate come bottino di guerra, costringendole a ospitare nelle sue viscere, come dice il comunicato dell’Osservatorio di cui faccio parte, la presenza di un feto che non può che essere segno di immane sventura. Noi crediamo che sia la donna che ha vissuto in prima persona questa violenza a dover decidere, e che il sostegno nella sua scelta, qualunque essa sia, non le dovrebbe mancare”.

L’adesione arriva a pochi giorni dal seminario sull’empowerment in comunità, dal titolo “Essere donna nella chiesa e nella società”, che ha visto insieme a Milano donne della FDEI e del Movimento femminile evangelico battista (MFEB) per training e laboratori liturgici su emancipazione, autostima, autodeterminazione, consapevolezza di sé e della propria vocazione. Un percorso formativo guidato da Gabriela Lio e Antonella Di Berto Mancini, psicologa e psicoterapeuta. “Abbiamo ripercorso insieme i testi che parlano del movimento di Gesù fino all’istituzionalizzazione della chiesa, momento in cui le donne sono state tolte progressivamente da una partecipazione attiva quali discepole e apostole” ha raccontato ancora la pastora.