Susan Brown, Chiesa di Scozia: Creare ponti di spiritualità

Intervista alla moderatora uscente, in questi giorni a Roma con una delegazione di pastori scozzesi in visita alla Federazione delle chiese evangeliche in Italia

Susan Brown

Roma (NEV), 9 maggio 2019 – L’Agenzia NEV ha intervistato Susan Brown, moderatora uscente della Chiesa di Scozia, che in questi giorni si trova a Roma con una delegazione di pastori per conoscere da vicino alcune delle attività svolte dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), fra cui il programma rifugiati e migranti Mediterranean Hope (MH).

Susan Brown è anche ministro di culto della Dornoch Cathedral nonché Cappellano onorario della Regina in Scozia. Prima donna alla guida di una cattedrale, di sé racconta che ama essere ministro di culto e che il fatto di essere una donna è “capitato”. Della vocazione al ministerio, parla come di “un grande privilegio e una grande responsabilità”. La pastora Brown è nota anche per aver celebrato il matrimonio di Madonna con Guy Ritchie e per aver battezzato il loro figlio Rocco.

Pastora Brown, come moderatora uscente, cosa ci può dire del lavoro che ha portato avanti in quest’anno?

Gran parte del lavoro consiste nell’essere una sorta di ambasciatore, sia in tutta la Scozia, sia nel mondo, in rappresentanza della Chiesa di Scozia. Sono stata in visita alla chiesa valdese dell’Uruguay, in Argentina, India, Pakistan, a Rotterdam, nelle Bermuda, dove abbiamo due congregazioni che hanno festeggiato rispettivamente 375 e 300 anni di vita. Un’altra parte del lavoro consiste nell’incontrare le persone, con l’intento di aumentare la consapevolezza della chiesa e sulle diverse questioni da una prospettiva cristiana, ad esempio incontrando membri del Parlamento, il Primo ministro, il Primo Ministro scozzese e il parlamento scozzese.

Quali sono i punti di forza e di debolezza della chiesa di cui può portare testimonianza?

Come per molte denominazioni in occidente, e in particolare in Europa, anche la Chiesa di Scozia sta perdendo membri di chiesa e non abbiamo abbastanza pastori. Quindi tutto sembrerebbe un po’ deprimente, ma quando usciamo e visitiamo le congregazioni possiamo osservare come esse lavorino con grande impegno per servire le comunità locali, vivendo la fede cristiana. Quindi, se da una parte le chiese non sembrano così piene la domenica, dall’altra il loro lavoro non è mai stato probabilmente più grande di quello che stanno facendo adesso. Le persone cercano di aiutare i loro vicini, amando il loro prossimo in modo veramente concreto e tangibile.

Quali sono le sfide per il futuro?

Le sfide riguardano come essere corpo autentico di Cristo nel Ventunesimo secolo e forse, come chiese, come cristiani, abbiamo bisogno di rivalutare come e quando comunichiamo il Vangelo e di trovare modi innovativi per creare ponti che aiutino le persone a incontrare Cristo, attraverso la Scrittura, attraverso l’esempio, attraverso un proprio personale senso di spiritualità.

Foto tratta da publicdomainpictures.net

Come chiese, come state affrontando il tema Brexit?

Noi abbiamo preso posizione su questo già nei primi anni ’70; da quando il Regno Unito ha aderito all’Unione Europea, la Chiesa di Scozia è sempre stata favorevole all’Europa.  Quindi questa per noi è una grande questione, perché noi sentiamo che non dovremmo lasciare l’Unione. La Scozia intera, come nazione, ha detto che non voleva lasciare l’Unione, ma facciamo parte del Regno Unito e il voto complessivo è stato per l’uscita. Per noi è estremamente difficile, e abbiamo capito anche che dobbiamo adeguarci a una scelta raggiunta democraticamente, nonostante noi avessimo desiderato una decisione diversa.