Roma (NEV), 28 giugno 2019 – Lo scorso 26 giugno si è tenuta a Roma una preghiera ecumenica di ringraziamento per i 20 anni della Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione (JDDJ), il documento sottoscritto il 31 ottobre 1999 ad Augusta (Germania) dai rappresentanti della Federazione luterana mondiale (FLM) e della Chiesa cattolica romana, e adottato successivamente dal Consiglio Metodista mondiale (2006), dalla Comunione mondiale delle chiese riformate (2017) e dalla Comunione anglicana (2017). Tra i partecipanti alla cerimonia era presente il pastore Martin Junge, attuale segretario generale della FLM, al quale abbiamo rivolto alcune domande.
Qual è il contenuto e l’importanza della Dichiarazione congiunta sulla giustificazione per fede?
La Dichiarazione congiunta (JDDJ) ha ricomposto la maggiore controversia teologica che ha diviso per secoli cattolici e luterani, riguardante la dottrina della giustificazione per grazia mediante la fede. Naturalmente ci furono anche altri fattori politici, economici e sociali che portarono alla divisione del cristianesimo occidentale nel XVI secolo. Tuttavia, la domanda su come la salvezza raggiunga gli esseri umani attraverso Gesù Cristo fu quella attorno alla quale si delineò con più chiarezza la divisione. Con la JDDJ, luterani e cattolici hanno trovato una base consensuale e hanno fatto cadere le condanne con cui si sono reciprocamente accusati nel passato. Possiamo affermare che la JDDJ è una pietra miliare nel cammino verso l’unità dei cristiani.
Nel discorso che ha tenuto durante la celebrazione ecumenica, lei ha parlato anche del metodo di dialogo utilizzato per redigere la JDDJ, il “consenso differenziato”. Di cosa si tratta?
Il “consenso differenziato” è un metodo di dialogo che permette di definire un solido consenso di base, senza tuttavia tacere o ignorare le differenze che ancora permangono. La JDDJ esprime il consenso di cattolici e luterani attorno a “verità di base” la cui affermazione permette di dire che le condanne del passato non possono essere applicate all’attuale insegnamento delle due confessioni sulla dottrina della giustificazione. Al tempo stesso, la JDDJ evidenzia ciò che ancora divide le due confessioni sullo stesso tema, senza che questo metta a rischio il consenso raggiunto. Più siamo coscienti dell’ampiezza della base comune su cui poggia la nostra fede cristiana, più è possibile affrontare la diversità dell’altro come una sfida alla nostra stessa identità e al nostro modo di essere chiesa.
Secondo lei, a vent’anni di distanza, quali sono i risultati più importanti conseguiti da questo documento?
Credo che nessuno di coloro che vent’anni fa lo firmarono, avrebbe mai immaginato l’incredibile forza trainante di questo documento. Senza la JDDJ, per esempio, non sarebbe mai stato possibile proseguire il dialogo fino alla stesura, nel 2013, del documento “Dal conflitto alla comunione” nel quale cattolici e luterani guardano alla loro storia passata per lasciarsi indietro i conflitti e progredire nella via dell’unità. Senza la JDDJ non saremmo mai giunti alla Commemorazione congiunta del Cinquecentenario della Riforma protestante che ha visto insieme a Lund (Svezia), nel 2016, papa Francesco e gli esponenti della FLM. Tuttavia, non c’è solo questo ma ancora di più.
Che cosa?
Il fatto che questo documento nato nel 1999 come testo bilaterale, oggi è diventato un documento multilaterale che costituisce la base teologica per il dialogo e la testimonianza comune di cattolici, luterani, metodisti, riformati e anglicani. Queste cinque confessioni cristiane si sono riunite lo scorso marzo presso l’Università di Notre Dame (USA) per stilare una dichiarazione nella quale riaffermano “le verità di base sulla dottrina della giustificazione contenute nella JDDJ, sottolineando come il messaggio della grazia di Dio sia più che urgente e necessario nel mondo in cui viviamo”. Ho la speranza che i frutti che la JDDJ ci permetterà di cogliere saranno ancora tanti.