Roma (NEV), 4 luglio 2019 – Gli Stati Uniti d’America festeggiano il giorno dell’Indipendenza e intanto la Chiesa unita di Cristo (UCC) continua le mobilitazioni in favore dei migranti, protestando per i raid dell’ICE, (Immigration and Customs Enforcement), l’agenzia federale responsabile degli arresti, della detenzione e della deportazione dei migranti.
Già nelle strade di Milwaukee durante il Sinodo generale, conclusosi il 24 giugno scorso, ma anche domenica scorsa a Minneapolis, migliaia di persone hanno marciato, come si legge sul sito dell’UCC, per dire “no all’ICE, no alla separazione dei bambini dai loro genitori alla frontiera, no alle strutture di detenzione sovraffollate e deplorevoli, no alle gabbie per i nostri bambini immigrati, no alle leggi sull’immigrazione antiquate che rendono difficile, se non impossibile, per i rifugiati e i richiedenti asilo essere accolti negli Stati Uniti, no alla xenofobia e al razzismo, no all’odio, no alle politiche statunitensi che spingono gli immigranti fuori dai loro amati paesi. Insieme abbiamo marciato per dire sì all’amore! I migranti qui sono i benvenuti”.
Diversi pastori e pastore dell’UCC hanno partecipato alle manifestazioni, fra cui Rebecca Voelkel e Traci Blackmon.
“Già in passato le famiglie sono state separate in nome di Dio – ha denunciato Voelkel, parlando dei bambini nativi sottratti ai genitori e della pratica della schiavitù che vide i genitori afroamericani venduti e separati dai loro figli –. La dolorosa verità è che ciò che sta accadendo al nostro confine meridionale è già accaduto. Io sono qui per girare le spalle a questa versione violenta e distorta del cristianesimo e rivolgermi verso il vangelo della giustizia e dell’amore. Finché le politiche federali separeranno i bambini dalle loro famiglie, continueremo a marciare e a manifestare per difendere tutti i nostri fratelli e sorelle”.
Nella manifestazione che si è svolta nel corso del Sinodo generale, la pastora Traci Blackmon ha dichiarato: “Dobbiamo capire che se non siamo tutti liberi, nessuno di noi è libero. Andremo in ogni stato, apriremo le nostre chiese, bloccheremo le discriminazioni con i nostri stessi corpi. Non lo facciamo solo per coloro che sono ingabbiati fra le sbarre. Lo facciamo anche per coloro che sono ingabbiati dall’odio. Lo facciamo anche per coloro che sono tenuti in ostaggio dalla supremazia bianca. Anche per coloro che sono tenuti in ostaggio non capendo il messaggio del Vangelo. Non saremo più messi a tacere”.
Diversi pastori si sono schierati in prima fila di fronte all’ingresso del quartier generale dell’ICE, pronti anche a essere arrestati, dopo aver testimoniato ingiustizie e discriminazioni subite da persone migranti prese in carico dalle chiese.
foto tratte dal sito www.ucc.org