Scicli (NEV), 25 luglio 2019 – Fatima “scassa i cabbasisi”. Lo fa perché parla tanto, non si ferma mai, vuole fare tutto, vuole studiare la matematica ma anche le lingue, dice che dorme poco perchè ha sempre da leggere, da studiare, da pensare. Fatima non era mai andata a scuola. Né a Idlib, in Siria, la città nella parte occidentale del paese, verso la Turchia, in cui è nata e vissuta fino ai suoi 12 anni, né in Libano, a Bibinin Acar, il luogo in cui ha abitato con sua madre e i due fratelli minori fino all’anno scorso.
Fatima ha 17 anni e oggi è una delle guide turistiche dell’associazione culturale Tanit di Scicli. È arrivata nel paese del ragusano un anno fa, nel 2018, grazie a uno dei corridoi umanitari promossi dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e dalla Comunità di Sant’Egidio, ed è una delle ospiti della Casa delle culture del “paese di Montalbano”, struttura di accoglienza nata nel 2014 nell’ambito di Mediterranean Hope, programma rifugiati e migranti della FCEI.
In dodici mesi ha preso il diploma di scuola media, partendo da zero e facendo in sostanza elementari e media insieme, ha preso il voto più alto della sua classe, al Centro per l’istruzione per adulti che ha frequentato.
La sua tesina di fine anno verteva sulla Siria, parlava di primavera araba, ci mostra orgogliosa la presentazione coi grafici e i collegamenti ipertestuali che ha fatto.
Fa da interprete alla sua mamma ancora incerta con l’arabo, parla, scrive, pensa in italiano senza difficoltà. Dice che è stato difficile solo all’inizio ma che quando lei non riesce a fare qualcosa, si impunta finché non ce la fa.
Un giorno insieme a una delle operatrici della Casa delle culture partecipa a una passeggiata culturale organizzata dall’associazione Tanit di Scicli. Conquista tutti, le chiedono di diventare una loro socia e guida. Qualche settimana di formazione, le prove, e oggi Fatima fa i turni come guida nell’Antica Farmacia Cartia, set tra l’altro di vari episodi della serie tv del commissario più famoso d’Italia. “Aperta dal 1902 al 2002, dal 24 aprile 2014 è diventata un museo”. Ogni visita dura tra i dieci e i quindici minuti, anche se Fatima parlerebbe sicuramente anche di più. Racconta l’origine dei medicinali, la storia dell’edificio barocco, le curiosità che piacciono ai turisti, gli aghi che si usavano nel ‘900, le boccette antiche, i mobili in stile liberty. Stacca i biglietti, conta il numero di ingressi. Le piace stare a contatto con la gente.
Ride quando le dicono che è bello trovare una “straniera” che racconta la Sicilia ad altri “stranieri”. Una ragazza col velo – lo esclama, capendo perfettamente come quest’elemento non passi inosservato – che spiega il passato di Scicli.
Quando finisce di raccontare ai turisti la vicenda della farmacia, torna alla Casa delle culture, dove vive in un appartamento con la madre e i due fratelli minori, di 7 e 13 anni. Il pomeriggio, quando non è di turno come guida, va al mare, impara a nuotare, fa il pane con la mamma, studia, bada ai bambini, esce. Fa l’adolescente che non si stacca mai dal suo smartphone.
Tra poche settimane si trasferirà a Bologna, per motivi di salute legati ai suoi due fratelli. Dice che Scicli le mancherà, si emoziona sempre all’idea di andarsene, dice che non dimenticherà il primo posto in cui è stata in una scuola. Ma dice anche che andrà bene a Bologna, perché “tutto si può fare, tutto è possibile”.
Fatima, io te lo dico, mi sa che saresti proprio andata a genio al maestro Andrea Camilleri.