Yemen. Intervenire subito costruendo la pace

Dopo il rapporto pubblicato sullo Yemen dal gruppo di esperti incaricato dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (Ohchr) la Commissione globalizzazione e ambiente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia chiede che “si intervenga subito, costruendo un percorso di pace”. Articolo di Maria Elena Laquaniti, GLAM

Foto tratta da Riforma.it

Roma (NEV), 9 settembre 2019 -Il quattro settembre scorso la commissione di esperti, incaricata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite in merito alla grave guerra in corso nello Yemen, ha pubblicato l’ennesimo rapporto che conferma il ripetersi delle violenze di cui è vittima la popolazione yemenita dall’inizio della guerra, nel 2015. Il rapporto restituisce la sensazione di responsabilità relative alla gravità del danno e del modo in cui lo stesso continui ad essere inflitto, nonostante la tutela che il popolo dovrebbe avere anche con la sola applicazione del diritto internazionale.

Da una parte la coalizione saudita a guida degli Emirati, colpevole di un’offensiva violenta che non risparmia obiettivi civili rendendo, se mai possibile, ancora più fragile un paese allo stremo, in cui la mancanza di cure mediche ospedaliere, medicinali, cibo e diffusione del colera hanno fatto strage di innocenti e prospettano nell’immediato futuro una fuga di massa di profughi con bambini ed adolescenti non sono solo traumatizzati ma soprattutto orfani, poveri e fortemente analfabeti. Dall’altra la responsabilità dell’esercito ribelle Houthi con le condanne a morte di giornalisti e politici, il cecchinaggio, la repressione dei sollevamenti popolari per la richiesta di beni di prima necessità e la dispersione sui territori conquistati delle mine antiuomo che allarga il drammatico elenco di morti e mutilati tra i civili, soprattutto bambini.

Tra le responsabilità esterne al conflitto, ancora gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna accusate di sostegno del commercio militare alla coalizione saudita e l’Iran per gli aiuti nell’installazione di mine, missili e battelli bomba ai ribelli. Nella matassa in cui si sono impastate le responsabilità non possiamo non vedere quelle dell’Unione Europea, il cui comportamento non è chiaro, avendo in seno paesi come la Spagna la cui sospensione della vendita di armamenti aveva fatto ben sperare se non fosse stata seguita dalla commessa per la costruzione di navi da guerra da impegnare nel conflitto, e come la Croazia, che è stata al centro di un’inchiesta nel 2017 a cura del BIRN (Balkan Investigative Reporting Network) per sospetti traffici nell’aeroporto di Fiume. L’inchiesta ha rilevato che la Croazia è uno dei fornitori più interessanti per l’Arabia Saudita. Ancora tra i responsabili anche l’Italia con la questione RWM, fabbrica tedesca di bombe utilizzate dalla coalizione nella repressione yemenita e al centro di denunce da parte di organizzazioni internazionali importanti come Amnesty International e Save the Children e dagli stessi esperti del consiglio di sicurezza.  La GLAM, Commissione globalizzazione ed ambiente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), dal 2017 ha aderito al Comitato Riconversione RWM all’interno del quale è acceso un dibattito importante che coinvolge chiese, associazioni, movimenti, partiti e singoli cittadini, in cui si chiede la trasformazione della fabbrica di “morte” ma anche l’interruzione della vendita di armi all’Arabia Saudita. Lo scorso primo marzo, al fine di ufficializzare il perpetuarsi delle violazioni di diritto internazionale, nazionale e costituzionale è stato organizzato, presso l’aula dei capigruppo della Camera dei Deputati, il convegno “Produzione e commercio di armamenti: le nostre responsabilità”, in cui istituzioni, associazioni di categoria, chiese e reti si sono messe a confronto per il raggiungimento di un’economia di pace. Nel programma del convegno che vedeva tra gli organizzatori anche la GLAM, il Comitato  Riconversione RWM e Rid ( Rete Italiana Disarmo di cui la GLAM è membro dal giugno di questo anno), è stata presentata a testimonianza della gravità delle violazioni che il nostro paese sta commettendo in Yemen, il video di Ashtar Al Razehi, profuga yemenita, che si sofferma su quel che sfugge a chi è esterno alla guerra: il dolore fisico, il dolore delle mutilazioni, un dolore che i bambini non potranno mai dimenticare. Una testimonianza in cui l’Italia è Giano bifronte con la faccia solidale delle organizzazioni che intervengono per la fuga dal paese in guerra e quella carnefice che non tiene conto della destinazione d’uso delle bombe prodotte. Anche per questo motivo l’Italia è stata denunciata penalmente dalla Mwatana Organization for Human Rights con sede nello Yemen per la responsabilità nella strage di una famiglia morta durante un bombardamento: la matrice delle bombe usate è quella della fabbrica sarda di Domusnovas. Lo scorso 24 giugno, soprattutto per opera dell’instancabile lavoro di sensibilizzazione e di denuncia che tutte le parti componenti il Comitato Conversione RWM stanno facendo, nella seduta 195 la Camera dei deputati ha approvato la mozione che prevede tra i punti l’immediata sospensione di armamenti destinati ai paesi coinvolti nel conflitto e il farsi promotore al Consiglio dell’Unione Europea di una forte iniziativa di embargo di materiale militare ad essi destinato.

Dopo la caduta del governo Lega/Cinque Stelle, non sembra esserci nessuna evoluzione in merito anche se nel programma del nuovo esecutivo è esplicita la continuità con le decisioni precedentemente approvate.  Per quanto riguarda invece la produzione della fabbrica sarda, ad oggi abbiamo solamente notizia di un comunicato dell’azienda ai lavoratori, con cui si rende noto il blocco delle esportazioni e le sue conseguenze sul personale impiegato con il mancato rinnovo di alcuni contratti in scadenza e con il blocco delle assunzioni.

Oggi come cittadini e credenti chiediamo che la risposta alla relazione del Consiglio di sicurezza debba essere immediata. Non vogliamo riconoscerci in nessuno dei fili che compone la matassa delle responsabilità di questa tragedia e chiediamo che per questa umanità flagellata dalla violenza si intervenga subito, costruendo un percorso di pace. Se non lo facciamo, se ancora attendiamo, vuol dire che quelle immagini di corpi dilaniati dalle bombe e di una piccola uccisa dalla fame non sono sufficienti a farci riconoscere il grido di dolore di bambini, uomini, donne ed anziani che si appella a Dio. Vuol dire che siamo solo una società bulimica di immagini forti e che come cristiani, in quei volti, non riconosciamo Cristo Gesù e la sua mano tesa a chiedere pietà.