Quello che ricordo della caduta del muro di Berlino

Il 9 novembre si celebrano i trent'anni dalla caduta del muro che separava Berlino Est da Berlino Ovest, la DDR dalla Germania Ovest, simbolo della caduta della cortina di ferro. Abbiamo chiesto un ricordo di quei giorni e una riflessione sui "muri del terzo millennio" alla vice presidente della Fcei, Christiane Groeben, originaria di Hannover.

Roma (NEV), 6 novembre 2019 – Trenta anni senza il muro. Era il 9 novembre 1989 quando a Berlino cambiava la storia. Abbiamo chiesto un ricordo personale di quei giorni a Christiane Groeben, luterana, nata a Darmstadt e cresciuta a Hannover, vice presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia.

Ricorda quale fu il suo primo pensiero quando seppe della caduta del muro?

Non ci potevo credere. Mi chiesi perché non ci fossi andata anche io, mi stavo perdendo la possibilità di vivere un momento storico, anche perché per me stare davanti a quel muro era sempre stato un incubo. Invece in quelle ore mi trovavo a Francoforte, mi stavo recando a Hannover, per andare a trovare mia madre. Abitavo già da anni in Italia, dal 1967, dove sono emigrata per amore e lavoravo come archivista alla stazione zoologica di Napoli, ma ero ancora in Germania nel ’61, quando il muro fu costruito, ed ero all’epoca una studentessa di filologia tedesca e francese.

Alcuni “pezzi di muro” di C. Groeben

Com’era Berlino in quegli anni?

Fino al 1989 la ricordo come una città vivace e “improvvisata”, in cui si viveva di giorno in giorno, l’atmosfera era comunque molto creativa. Era ed è la mia città tedesca preferita. Nella mia memoria restano impresse le storie di chi cercava di fuggire dalla Germania Est.

Ma anche, nei giorni successivi al 9 novembre, gli aneddoti di chi scopriva un mondo nuovo. Ricordo un padre con un bambino in un grande magazzino, due giorni dopo quella data, ad Hannover, gli regalai dei dolciumi. I cittadini della Ddr avevano ricevuto ognuno 100 marchi attraversando i varchi dopo la caduta del muro e ricordo che erano felici di potersi comprare quello che volevano, in particolare le banane e la cioccolata.

Pochi giorni più tardi mi trovavo a Berlino est nell’ambito di uno scambio culturale tra l’Italia e la DDR e ricordo che le stesse autorità sembravano come disorientate. Lavorando nell’archivio di Stato di Potsdam avrei dovuto fare – da cittadina della Germania dell’Ovest – il ritorno a Berlino viaggiando con il treno intorno alla città per arrivare al Checkpoint Charlie, l’unico accesso permesso ai cittadini dell’Ovest, mentre mi sarebbe bastato attraversare a piedi il ponte di Glienicke, il “ponte delle “spie”. Chiesi al soldato della DDR che mi disse semplicemente: “Vada pure”.

Il ponte di Glienicke (in tedesco: Glienicker Brücke) è un ponte stradale di Berlino che supera il fiume Havel collegando le città di Potsdam e di Berlino.

E oggi, quali sono i nuovi “muri”?

Ci sono muri fisici, come quello che a Gerusalemme divide il popolo palestinese dagli israeliani che lo hanno eretto, ma anche muri simbolici e politici, non più fisici. Per me i decreti sicurezza di Matteo Salvini sono i muri di oggi, così come quelli costruiti con il populismo e il sovranismo. La nostra fede, come evangelici, e la nostra etica ci impongono allora di continuare ad impegnarci per creare ponti e abbattere i muri, ora come allora. [BB]