Roma (NEV), 25 novembre 2019 – “16 giorni contro la violenza” è una campagna internazionale annuale che inizia il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e termina il 10 dicembre, Giornata dei diritti umani.
Il Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), che aderisce alla campagna con diverse iniziative, mette in luce i legami tra la “grande famiglia” di Dio e la necessità fondamentale di rendere le nostre case luoghi sicuri e amorevoli.
“Sappiamo che per troppe donne la casa è un luogo di violenza. Sappiamo anche che la violenza sessuale e di genere può verificarsi ovunque – ha dichiarato Isabel Apawo Phiri, vice segretaria generale del CEC -. Ognuno di noi può e deve parlare e agire contro la violenza, in ogni contesto”.
Il CEC lavorerà nei prossimi giorni sul tema “Dalla nostra casa alla vostra” per riflettere sull’impatto della violenza sessuale e di genere nei contesti di lavoro e di ministero religioso. Il CEC esaminerà ciò che può rendere sia la “nostra casa” sia la “vostra casa” luoghi sicuri e positivi: i luoghi dove comunichiamo con amici e famiglie, dove coltiviamo, prepariamo e mangiamo cibo, stiamo in compagnia, riposiamo, lavoriamo, preghiamo e meditiamo, gestiamo la nostra vita familiare.
Molte le iniziative del CEC contro la violenza di genere, fra cui i “Giovedì in nero” (Thursdays in Black). Quella dei 16 giorni contro la violenza è “un’opportunità per enfatizzare il legame tra oikos (casa) e oikoumene (l’intero mondo abitato)” ha affermato Marianne Ejdersten, direttrice della comunicazione del CEC. Come ha detto inoltre Philip Potter, ex segretario generale CEC, “Il movimento ecumenico (oikoumene) è lo strumento con cui le chiese, che formano la casa, gli oikos di Dio, stanno cercando di vivere e testimoniare al mondo”.
Nel nostro Paese, La Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI) ha realizzato il fascicolo “16 giorni per vincere la violenza” dal titolo “Per non dimenticare la convenzione di Istanbul”. Un percorso in più pagine, scritte da 8 uomini e 8 donne, una al giorno dal 25 novembre al 10 dicembre. Qui l’articolo che spiega l’iniziativa.
Inoltre, la Commissione permanente per la formazione pastorale (CPFP), riunitasi recentemente a Rocca di Papa (Roma), ha inviato alle chiese battiste, metodiste e valdesi una lettera aperta sulla violenza maschile. Il documento richiede un investimento nella formazione sulla violenza di genere dal punto di vista pastorale e l’inserimento del tema della violenza maschile, che è anche “questione teologica”, fra gli argomenti della prossima Assemblea-Sinodo che vedrà insieme gli organi decisionali battisti, metodisti e valdesi nel 2021.
Il seminario è stato condotto dalla pastora Gabriela Lio, direttora del centro battista di Rocca di Papa e presidente FDEI. I lavori sono iniziati attraverso la lettura di alcuni “testi dell’orrore” delle Scritture: “leggendo Giudici 19, a esempio, siamo stati invitati a soffermarci sugli ambienti domestici, sulle relazioni tra uomini e sul posto lasciato alle donne – si legge nella lettera –. In un certo senso si potrebbe dire che non ne siamo rimasti sorpresi: sappiamo che le Scritture sono state scritte in un contesto patriarcale e distante, ma forse non avevamo mai messo in relazione questi testi con la quotidianità, con la vita, con l’essere ministre e ministri. Alcune e alcuni di noi non conoscevano i centri antiviolenza, né il numero di emergenza da chiamare in caso di violenze (1522, non dimenticatelo neanche voi!) né sapevano che cosa significasse violenza psicologica, violenza economica, spirale di violenza. O meglio, lo sapevamo, ma ci sembrava altro da noi”. Una delle giornate di formazione ha visto fra l’altro la partecipazione di Olivier Malcor, formatore e attore del Teatro dell’oppresso, che ha fatto entrare le persone partecipanti “nella dimensione della violenza di cui siamo imbevuti, di dinamiche di potere non simmetriche, di esempi di disprezzo, di sminuimento, ma anche di silenzio di fronte a episodi di violenza di cui siamo stati testimoni o soggetti”.
Si legge ancora nella lettera: “In quanto uomini, ci interessa la maschilità di Gesù come decostruzione degli stereotipi del ‘vero uomo’. In quanto donne riconosciamo che l’Evangelo di Gesù Cristo ci rende ‘autrici’, soggetti della propria storia e delle relazioni che intessiamo.