Roma (NEV), 27 dicembre 2019 – La pastora Deborah Hutterer è stata eletta vescova del Sinodo del Grand Canyon, negli Stati Uniti d’America, a settembre 2018. Il Sinodo della Chiesa evangelica luterana in America (ELCA) riunisce le contee in Nevada, Utah e Arizona, stato al confine con il Messico, dove la chiesa offre aiuto ai migranti. In questa intervista curata dal servizio comunicazione della Federazione luterana mondiale (FLM), nella rubrica “Voices from the Communion” (Voci dalla Comunione), la vescova parla del suo ministero e del fatto che sia necessario cambiare la retorica populista.
Come vive la migrazione transfrontaliera?
Prima di diventare vescova, ho lavorato con l’organizzazione Lutheran Social Services (LSS). Il governo aveva chiesto alla LSS di aiutare la riunificazione delle famiglie di migranti che erano state separate al confine e poi poste in stato di detenzione. Il governo aveva ricevuto l’ordinanza della corte federale di riunificarli.
Quando sono arrivate tutte quelle persone, sono state riunite ai loro figli solo per un paio d’ore, in certi casi solo per pochi minuti. Abbiamo cercato di creare uno spazio sicuro e accogliente e abbiamo chiesto ai pastori che parlavano spagnolo di rendersi disponibili. Ricordo una madre che era appena stata riunita con suo figlio. La madre non voleva lasciar andare il bambino, ma mentre lei e il pastore stavano parlando, il bambino uscì da dietro la madre, tirò la maglietta del pastore e chiese: Pastore, dove sei stato?
Non è proprio questa la domanda rivolta alla chiesa? Dove siamo stati?
Come vescova del Sinodo del Grand Canyon, come ha continuato quel ministero?
Quando la ICE (Immigration and Customs Enforcement – agenzia federale responsabile del controllo della sicurezza delle frontiere e dell’immigrazione) ha buttato per le strade migliaia di migranti a Phoenix, la scorsa estate, abbiamo aperto le chiese di notte in modo che avessero un posto sicuro dove dormire, mangiare e modo di raggiungere i loro parenti negli Stati Uniti.
Ora la legge è cambiata, non puoi più entrare negli Stati Uniti se hai attraversato un altro paese. Se vieni da El Salvador, Honduras o Guatemala, devi fare domanda per l’immigrazione in Messico.
Abbiamo un ministero episcopale e luterano congiunto al confine, a Nogales, in Messico, che fornisce rifugio alle persone in attesa di colloquio per la richiesta di ingresso. Il posto contiene circa 70 persone, che rimangono 5-6 settimane. Facciamo in modo che, mentre aspettano, vengano trattati in modo umano e siano al sicuro. Alcune persone stanno cercando di sfuggire ai cartelli della droga e al traffico sessuale. Ognuno ha una storia diversa, ma sappiamo che alcune persone cercano asilo per sfuggire alla violenza.
Il problema è che stiamo cercando di aggiustare il sistema, ma queste persone sono adesso davanti a noi. Che cosa siamo chiamati a fare, secondo la volontà di Dio, per prenderci cura del prossimo, che è proprio davanti a noi?
Come viene percepito questo lavoro nelle congregazioni?
Penso che gli scambi interpersonali aiutino a capire che i migranti non sono così diversi da noi. A volte chi si trova a occupare una posizione politica afferma che le persone che chiedono asilo o che stanno migrando siano terroristi o spacciatori. Interagire aiuta a vedersi come esseri umani e a comprendere i bisogni umanitari.
Intendiamo portare le persone oltre confine, per sfidare gli stereotipi e fornire loro buone e solide informazioni. Speriamo che riporteranno queste storie nelle loro congregazioni.
Come finanziate questo ministero?
Le congregazioni luterane in Nevada e Arizona hanno raccolto denaro, vestiti e scarpe, persino giocattoli, in modo che possiamo aiutare le persone ad aspettare le loro interviste con l’ufficio immigrazione in modo più confortevole e dignitoso. Le persone di solito arrivano solo con i vestiti che indossano. Il denaro viene utilizzato per pagare l’affitto dal lato messicano e per acquistare cibo necessario. Come sinodo, le congregazioni e gli individui che hanno a cuore questo ministero forniscono fondi e donazioni dirette.
In che modo il populismo e i discorsi d’odio influenzano la sua chiesa?
È un momento molto difficile. Ho sentito pastori raccontare che qualunque cosa dicano può essere interpretata come politica, e quindi le persone si arrabbiano. Quando l’ELCA ha deciso di diventare una “chiesa santuario” (dando quindi la disponibilità di ogni chiesa locale a sostenere e ospitare famiglie migranti a rischio di espulsione, ndr), alcune persone hanno lasciato la nostra chiesa. È mia speranza e mia preghiera che ci siano anche altre persone che, invece, verranno nella nostra chiesa per questo. Perché la chiesa sostiene queste cose.
Dobbiamo anche agire con un senso di umiltà e ammettere che vediamo solo una parte del tutto, che è tutto molto complesso e stratificato. È solo nel dialogo che avremo una visione migliore. Per questo cerco di attenermi ai fatti e di creare spazi in cui possiamo imparare gli uni dagli altri e capire che va bene non essere d’accordo, ma bisogna farlo rispettosamente.
In che modo far parte della comunione FLM influenza il suo lavoro?
Partecipare al ritiro dei neo-eletti leader è stato un vero privilegio. Sebbene io sia molto diversa dai miei colleghi in India, Corea o Ghana, abbiamo anche molto in comune. L’ELCA è una chiesa ricca, ma abbiamo gli stessi problemi delle chiese con meno risorse. Comprendere di essere chiesa insieme amplierà la nostra prospettiva di essere una chiesa globale.
Spero anche che l’incontro con alcuni dei miei colleghi che hanno dubbi sul ministero femminile possa farli pensare che anche il ministero femminile sia un dono per la chiesa. L’altra cosa che trovo utile è portare avanti gli argomenti che danno modo di essere corpo di Cristo: giustizia di genere, giustizia climatica, cura del creato, immigrazione, rifugiati.
Molti dirigenti della chiesa parlano di come attrarre i giovani. Lei come fa?
In generale, quello che manca alla gente è il tempo. Si possono scegliere tante altre cose. Come colleghiamo la chiesa di domenica alla vita di tutti i giorni? I giovani sono alla ricerca di questo legame nella vita reale, tra il Vangelo e il mondo. Ecco perché le discussioni che abbiamo avuto sul sacerdozio universale dei credenti e sul vivere la fede sono state preziose.
È anche importante essere onesti sulla realtà. Dire che tutti sono i benvenuti significa che quando verrai alla nostra porta, cambieremo. Troppo spesso invitiamo le persone e vogliamo che esse siano come noi. Saremo diversi se continueremo a coinvolgere persone che non hanno più di 70 anni e non sono bianche. Ricordarlo sarà utile per la chiesa.
Cosa significa per lei essere chiesa oggi?
Questa è una domanda facile! In parte, riguarda l’annuncio: dobbiamo essere testimoni di Gesù con parole e opere. Ci sono chiese impegnate in molti ministeri sociali, ma a volte ci dimentichiamo di dire che lo facciamo perché Dio ci ama e noi amiamo il nostro prossimo. Il libro degli Atti è una delle mie storie preferite, attraverso cui le prime chiese cristiane hanno comunicato perché hanno fatto quello che hanno fatto.
A volte essere chiesa significa lasciar andare il vecchio e fidarsi di Dio, che creerà qualcosa di nuovo. È spaventoso, perché conosci solo quello che sai. Richiede fiducia in Dio. Fa parte dell’essere chiesa guardare e puntare su queste nuove cose che Dio sta facendo.