Roma (NEV), 23 gennaio 2019 – Raccontare, testimoniare, le differenze, non basta. Per “passare ai fatti” ma riflettere anche sul vocabolario che si usa quando si spiegano le disuguaglianze si è svolto oggi a Roma il convegno della Diaconia valdese ‘Oltre le parole’.
L’appuntamento è stato introdotto da Giovanni Comba, presidente della Diaconia valdese (CSD), con la moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta e Luca Baratto, segretario esecutivo della Federazione delle chiese evangeliche in Italia.
Sta per cominciare a Roma il convegno della #DiaconiaValdese #Oltreleparole @Mode_Valdese @8x1000Valdese #diritti #accoglienza #inclusione #disuguglianze @nev_it @Protestantesimo @RadioBeckwith @Riforma_it pic.twitter.com/21Z5K1twh4
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Luca Baratto, che ha portato i saluti del presidente e del consiglio FCEI al convegno, ha ricordato come “disuguaglianze, accoglienza e inclusione siano parole che la Federazione declina soprattutto nell’ambito dei programmi per i rifugiati e i migranti, nell’esperienza dei corridoi umanitari”.
“Le parole hanno un peso – ha continuato Baratto – . Il peso delle parole non sta nel loro pronunciarle, ma nella realtà che descrivono o nascondono. Le parole creano il mondo. Lo dice la Bibbia, nel racconto della Creazione. Buon comunicatore non è colui o colei che convoglia nel modo più efficace i propri contenuti ma chi crea un mondo buono, buono nel senso della Creazione, volto alla pace e alla giustizia”.
Il primo panel della mattinata, moderato dall’avvocata Ilaria Valenzi, ha avuto come focus i “prodromi della disuguaglianza”.
Per Fabrizio Barca, presidente del Forum Disuguaglianze Diversità, “La mappa della rabbia, il voto ai partiti autoritari, è la mappa rurale dell’Europa, delle aree abbandonate, che sono rimaste fuori dell’attenzione delle politiche”.
“Le cause? – ha continuato Barca – sono per lo più alibi: globalizzazione, cambiamenti tecnologici, società liquida. Certo che possono essere elementi che aumentano le disuguaglianze ma sono principalmente alibi”.
Emergono invece, “le identità di razza, come diceva Angela Davis” e “la cattiva scelta ha un nome: progetto neoliberista. Questo sistema, si è pensato, da solo creerà ricchezza e benessere, lo lasciamo andare, auto regolarsi e così ha modificato il senso comune. il pensiero neoliberista vuole uno Stato grande ma che sia passivo, l’esempio più semplice ne sono le città”. Il paradigma neoliberista avrebbe dunque, secondo l’economista e già ministro nel governo Monti, cambiato il significato di parole ed elementi-chiave della società.
“La parola “pubblico” che è comunque sempre peggio che privato. La parola “merito”: negli anni del dopoguerra fare impresa era fare un profitto ma era anche il segno che quell’imprenditore dava alla comunità. Cosa fare diventa allora chiaro: se sono state delle scelte a creare le disuguaglianze, vuol dire che dobbiamo cambiarle con un approccio di sistema. Vuol dire che va benissimo cambiare le cose nel nostro piccolo ma che insieme dobbiamo farlo. Esiste ed è importante il livello extra nazionale, come gli accordi Trips (accordi sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, ndr), solo per fare un esempio, ma il mondo lo possiamo anche cambiare nei luoghi in cui siamo, anche con proposte “piccole”. Recuperiamo – ha concluso – la parola avversari: ci sono delle persone che sono avversarie, e a volte è anche un pezzettino di noi stessi che si oppone a quello che possiamo fare, dobbiamo allearci”.
Nell’intervento successivo Mons. Nunzio Galantino ha ragionato sull’etimologia di alcuni termini, come ad esempio la parola “confine”:”che vuole dire realtà che permette di affacciarmi dall’altra parte e guardare”.
Occorre, secondo il prelato, trovare “un modo per recuperare la bellezza della parola” e “ritrovare un equilibrio tra parole e silenzio, che ci fa essere un po’ veri, ci fa essere essenziali, consapevoli che c’è anche un tempo per tacere”.
Le parole aderiscono sempre meno alle cose. Mancano parole capaci di creare ponti, che pongono domande senza provocare, un alfabeto semplice proprio di chi ha digerito la complessità. Viviamo in un tempo di ebrezza della parola. #Oltreleparole Mons.N. Galantino @DiaconiaValdese pic.twitter.com/CrOoWy4wGc
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La pastora valdese Letizia Tommassone ha quindi puntato l’attenzione sulla prospettiva di genere del problema delle disuguaglianze, sottolineando “lo sradicamento e l’alienazione” che questo rappresenta, in particolare per le donne migranti, molte delle quali occupate nel lavoro di cura.
Franco Salvatori, professore ordinario di geografia presso l’università Tor Vergata di Roma, ha partecipato all’incontro con un intervento su “Abitare oggi, le sfide sociali, politiche e culturali”, offrendo cioè un ampio sguardo sulle “sfide connesse all’abitare oggi, che vanno dal sociale all’economico, fino al livello culturale dell’attuale sviluppo urbano”.
Infine, ultimo relatore della mattinata è stato Antonio Mumolo, Presidente di Avvocati di strada Onlus, che ha affrontato il tema “Il diritto alla casa e alla residenza”, focalizzato in particolare sui problemi connessi all’iscrizione anagrafica e alla residenza delle persone migranti, oltre che sulle conseguenze dei due decreti sicurezza, “che sarebbero da chiamare decreti insicurezza”.
Il pomeriggio di oggi, dalle 14 alle 17, vedrà invece protagonisti i temi della casa e dell’abitare con Gianluca Barbanotti, Segretario Esecutivo della Diaconia Valdese, che affronterà il tema “#Prima gli ultimi”, Claudio Paravati, direttore di Confronti, che parlerà di “Rappresentanze diseguali: chi sono gli ultimi?”, Walter Tocci, senatore della Repubblica, con un intervento su “La città e la sfida della casa: Roma tra centro e periferie”, Loretta Malan, Direttrice di Servizi Inclusione della Diaconia valdese, che parlerà di “Nuove forme dell’abitare: esperienze di housing ed empowement”, Camillo Ripamonti, Direttore del Centro Astalli, con il suo intervento su “Gli stranieri e la casa”.