Roma (NEV), 25 gennaio 2020 – È il movimento religioso cristiano con il tasso di crescita più alto. Il pentecostalismo, caratterizzato dal rapporto diretto tra il credente e Dio, il quale si manifesta attraverso il dono dei carismi. “Un contenitore poliedrico entro cui vengono classificate esperienze affatto difformi, e spesso tra loro contrastanti, e su cui negli ultimi decenni gli studi da parte di diverse discipline, si sono moltiplicati”, scrive Pino Schirripa – professore di antropologia culturale, medica e religiosa all’Università di Roma La Sapienza – introducendo il saggio di recente uscita per Franco Angeli “La nostra identità è Gesù Cristo. Pentecostalismo e nazionalismo tra gli eritrei e gli etiopici a Roma”. Il volume è l’esito di una ricerca sul campo durata diversi anni condotta da Osvaldo Costantini, assegnista presso la Sapienza di Roma e visiting researcher presso l’Istituto per gli studi religiosi della Fondazione Bruno Kessler di Trento.
Gli studi sul pentecostalismo, in passato, sono state altresì state condotte da diverse angolature: la guarigione, la corporeità, l’identità, l’ideologia individualista e i punti di contatto con il neoliberismo. Osvaldo Costantini, invece, si inserisce nel filone che ha riflettuto sulla diffusione della spiritualità pentecostale tra le comunità dei migranti presenti nelle grandi metropoli europee. In particolare, al centro delle sue analisi vi sono le chiese pentecostali eritree ed etiopi di Roma. Una realtà complessa “attentamente indagata dall’autore, tanto nel suo svolgersi in Italia, quanto nei costanti riferimenti alla complicata storia del Corno d’Africa”. A partire, dunque, da una prospettiva storica, il volume analizza la tensione esistente tra eritrei ed etiopici, ricostruendola fin dai conflitti derivanti dall’arrivo dei missionari cattolici o protestanti in un’area dove, nonostante la convivenza tra musulmani e cristiani ortodossi, questi ultimi sono storicamente legati al potere centrale. Ed è qui il cuore del saggio di Costantini. Il rapporto tra sfera sacra e profana vista da due diverse prospettive. La prima che ha indagato come interagiscono l’ambito sociale/politico e quello religioso, con uno sguardo alla società eritrea ed etiopica e alle sue reti migratorie. La seconda prospettiva, invece, quella che ha provato ad allargare lo sguardo ai più complessi rapporti tra pentecostalismo e i linguaggi egemonici a livello globale. Con il risultato che ha confermato, ancora una volta, la fallacia della prospettiva positivista che prevedeva la scomparsa graduale della religione con l’avanzare del progresso scientifico. Un linguaggio, quello religioso, che invece nella sua irriducibilità, “permette di dare un senso alle cose, cioè di renderle pensabili, comprensibili, tollerabili”, si legge nel saggio:“La nostra identità è Gesù Cristo. Pentecostalismo e nazionalismo tra gli eritrei e gli etiopici a Roma” che sarà presentato sabato prossimo alle ore 18 alla libreria Griot di Roma.