Mediterraneo (NEV), 28 gennaio 2020 – Nella giornata di ieri alla fine abbiamo soccorso due imbarcazioni. La ricerca della prima – per me era davvero la prima volta in questa situazione – mi è sembrata molto dura, perchè è stata un’attesa faticosa, senza poter fare niente. Per fortuna entrambi i soccorsi sono andati bene e le condizione di salute di tutti sembrano essere abbastanza buone. Quello che mi è rimasto in testa dopo la nottata è l’odore di benzina di cui erano impregnate le persone salvate e il grande sollievo per il buon esito dei salvataggi. Stamattina, dopo un poco di sonno, è ricominciato il lavoro, per distribuire la colazione a 158 persone! Ho dovuto chiamare le persone una ad una per venire a prendere la colazione. Per fortuna sono stato aiutato da Frank, ragazzo sudanese, che parla bene sia inglese che arabo ed è stato subito arruolato come traduttore ufficiale. Più tardi io e l’infermiera abbiamo cominciato a visitare le persone ad una ad una, per una valutazione e un trattamento più approfonditi […]
Altro giorno altro salvataggio. Verso l’ora di pranzo abbiamo soccorso un’altra imbarcazione con a bordo 79 persone. Più andiamo avanti più mi rendo conto di quanto ogni soccorso sia diverso dall’altro e di quanto sia difficile il lavoro che fanno i soccorritori sui gommoni e chi coordina le due squadre dal ponte della nave. Ho anche imparato quanto può essere difficile localizzare un’imbarcazione in mare aperto. Adesso abbiamo a bordo 237 persone.
Diario di bordo dalla Open Arms
La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “Lo sguardo” proviene dal mar Mediterraneo ed è un contributo di Davide Orcese, volontario MH, medico, imbarcato in questi giorni sulla Open Arms