USA, vietato viaggiare. Chiesa unita di Cristo critica il “Trump travel ban”

In una conferenza stampa, i ministeri nazionali della Chiesa unita di Cristo (UCC) denunciano le discriminazioni del piano che vieta l’ingresso negli Stati Uniti da Iran, Libia, Somalia, Siria, Yemen, Corea del Nord e Venezuela e che prevede l’estensione del divieto ad altre 7 nazionalità. Colpiti in particolare neri e musulmani

Roma (NEV), 29 gennaio 2020 – “La chiesa unita di Cristo (UCC) si oppone fermamente a qualsiasi forma di discriminazione e sostiene una società e un paese che accolgano la diversità del popolo di Dio”, ha dichiarato il pastore Bentley de Bardelaben-Phillips, membro esecutivo per i Ministeri della giustizia e della chiesa locale, nel corso di una conferenza stampa tenutasi nella Cappella Amistad presso l’ufficio nazionale UCC a Cleveland il 27 gennaio scorso.

La frase è tratta dalla dichiarazione in cui l’UCC si impegna a contrastare il cosiddetto “Trump travel ban”, o anche “Muslim ban”, piano che vieta l’ingresso nel Paese a persone di specifiche nazionalità e che il presidente americano Donald Trump vorrebbe estendere ad altre 7 paesi esteri, colpendo in particolare neri e musulmani. L’UCC, si legge nella dichiarazione, “è impegnata nel dialogo e nelle relazioni interreligiose, contro il bigottismo religioso, sia che si tratti di antisemitismo, di atteggiamenti o azioni anti-musulmane, o contro qualsiasi altra comunità di fede”.

Il 27 gennaio di tre anni fa, scrive Hans Holznagel sul sito UCC, il presidente Trump ha firmato il primo ordine esecutivo “Muslim Ban”. È stato annullato dai tribunali, ma l’Amministrazione ha raddoppiato i suoi sforzi per discriminare con una moltitudine di divieti sia rifugiati che richiedenti asilo.

L’UCC ha preso posizione diverse volte contro queste politiche e nella conferenza stampa dello scorso lunedì, in collaborazione con Global Cleveland (GC), organizzazione no profit che accoglie migranti, ha ribadito la sua contrarietà alla messa al bando di migranti, rifugiati e richiedenti asilo da Iran, Libia, Somalia, Siria e Yemen, come così come dalla Corea del Nord e Venezuela. Il piano del presidente Trump di ampliare tale elenco per includere altri sette paesi – emerso durante una conferenza stampa il 22 gennaio scorso in occasione del World Economic Forum di Davos, in Svizzera – avrebbe come scopo quello della “sicurezza”: “Dobbiamo essere al sicuro”, avrebbe detto Trump a Davos, rimarcando che per tenere al sicuro il paese il divieto di viaggio deve essere rafforzato.

Il presidente della GC Joe Cimperman ritiene che Bielorussia, Eritrea, Kirghizistan, Myanmar, Nigeria, Sudan e Tanzania potrebbero essere tra i paesi colpiti dal divieto. “Continueremo a lottare per gli otto paesi già colpiti, così come per quelli che potrebbero essere coinvolti da divieti in futuro”, ha dichiarato Cimperman, che ha moderato la conferenza stampa.

L’attuale divieto colpisce prevalentemente persone di determinate religioni e razze, hanno denunciato i leader dell’UCC nella dichiarazione letta da De Bardelaben-Phillips. “Siamo fermamente convinti che la religione di appartenenza non dovrebbe influire sulle possibilità delle persone di cogliere le opportunità nel nostro paese”, ha affermato. “I rifugiati provenienti da paesi prevalentemente neri e musulmani non dovrebbero essere discriminati dal nostro governo e vedersi rifiutato l’ingresso negli Stati Uniti. Questo divieto, attualmente in vigore, ha un effetto profondo sulla vita di molti”.

La conferenza stampa ha riunito relatori di diverse tradizioni religiose ed etniche. Alcuni hanno evidenziato il collegamento fra il divieto attualmente in vigore, e la sua prevista espansione, alle più ampie politiche sull’immigrazione dell’amministrazione statunitense.

“Un attacco alle persone di colore”

David Leopold, avvocato per l’immigrazione e la cittadinanza dello studio legale Ulmer & Berne, ha affermato che la strategia del divieto di viaggio è un esempio di “ciò che può accadere quando l’odio viene trasformato metodicamente in politica pubblica”.

Leopold ha osservato che metà dei paesi attualmente banditi, o che potrebbero essere coinvolti dal divieto, sono africani. “In quale direzione stiamo andando, mettendo insieme il divieto di viaggio ai musulmani, il divieto di viaggio agli africani, la messa in gabbia dei bambini alla frontiera, la deportazione di massa all’interno degli Stati Uniti, l’assalto alle città di questo paese che vogliono proteggere i diritti del quarto emendamento – qual è il filo conduttore? Un attacco alle persone di colore”, ha detto. “E se non ci credi, allora non stai prestando attenzione a quello che sta succedendo in questo paese. Questo è un assalto razzista a ciò che l’America è stata, sta cercando di essere, a quello che era il sogno di questo paese, all’idea dell’America”.

Nel corso della conferenza è stato infine ribadito il concetto che l’accoglienza è un mandato cristiano, poiché dando il benvenuto agli stranieri si accoglie Cristo. “Gli Stati Uniti sono un’idea, non solo un luogo”, ha detto Moses Timka, parlando a nome della comunità nigeriana di Cleveland. “Non ci sono molti posti chiamati ‘Uniti’ … Non ci sono molti posti come questo paese … Siamo qui per dire al governo, insieme agli altri che sono qui, di riconoscere e riconsiderare la loro posizione. Le nostre ricchezze sono nella nostra diversità. Accogliere le persone provenienti da molti paesi e con molte idee rafforzerà gli Stati Uniti”.

Non è la prima volta che i leader dell’UCC criticano il “travel ban”. Lo hanno fatto nell’ottobre 2017, nel giugno 2018, ad agosto 2019 e in numerose altre occasioni. L’ufficio UCC a Washington DC ha anche lanciato una campagna che incoraggia i membri e le congregazioni dell’UCC a sostenere due atti legislativi correlati, il “No Ban Act” e il “Grace Act”.