Roma (NEV), 4 febbraio 2020 – “Sono stati eletti tre nuovi membri nella Tavola valdese in Italia, e di sette componenti, cinque sono donne. Questa è una grande trasformazione. Anche il mio accento – forse qualcuno lo noterà – è un grande cambiamento. Per la nostra chiesa in Italia, avere un moderatore siciliano, una donna, una diacona e una metodista è una grande sfida. Con questo intendo dire che siamo in mezzo a grandi trasformazioni e che la nostra Chiesa sta cercando di comprendere il modo in cui vengono vissute”.
Alessandra Trotta, moderatrice della Tavola valdese, che sta partecipando al Sinodo della chiesa valdese del Rio de La Plata, ha portato i suoi saluti ai sinodali con un intervento che ha spaziato dalle linee comuni, alle trasformazioni e alle sfide attuali che le due aree della Chiesa evangelica valdese stanno affrontando.
“Stiamo già vivendo una trasformazione, la nostra chiesa sta mutando. A volte non ci rendiamo conto che condividiamo con voi questa sfida al cambiamento, ma dobbiamo ripensare il nostro rapporto anche nelle trasformazioni che la chiesa sta vivendo, ripensare i modelli, le strutture, le priorità, le cose più importanti”, ha detto Trotta.
La moderatora italiana ha anche fatto riferimento ad alcuni schemi di lavoro comuni che vengono discussi dagli organi esecutivi di ogni area, come l’intensificazione degli scambi – “perché fa differenza quando, per un po’ di tempo, si può camminare l’uno nei panni dell’altro. In questo modo si comprende meglio il contesto in cui la tua testimonianza si fa carne, si capiscono le preoccupazioni, i sogni, ma anche quello che stai vivendo, le azioni in cui metti il tuo corpo, le risorse che metti in gioco: questo ci farebbe molto bene”, ha proseguito.
Proseguendo con le preoccupazioni condivise dalle due aree della chiesa valdese, Trotta ha fatto riferimento al tema che la Federazione delle chiese evangeliche in Italia ha deciso di sviluppare nelle attività del 17 febbraio: l’antisemitismo. “Questi discorsi di odio colpiscono tutto ciò che non è ‘conforme’: gli ebrei, ma con la stessa forza, violenza e aggressività, – almeno in Italia – anche gli immigrati, le donne emancipate, gli omosessuali. Il progetto è lo stesso e penso che le chiese, che hanno una sensibilità particolare, debbano assumersi la responsabilità di dare l’allarme”.