Roma (NEV), 13 febbraio 2020 – A seguito della lettera del Collettivo autonomo dei lavoratori portuali (CALP) di Genova, Antonella Visintin della Commissione globalizzazione ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) ha richiamato l’attenzione sulla filiera economica che alimenta la guerra in tutto il Medio Oriente.
“La vigilanza territoriale dei lavoratori dei porti ha bisogno di essere sostenuta da chi pensa che la pace si costruisca con la giustizia – ha dichiarato Visintin – e quindi anche con il rispetto della legge relativa al commercio con Paesi in guerra e della Costituzione, nonché di un impegno concreto verso la riconversione dell’industria bellica”.
Sono diverse le realtà pacifiste e non violente, fra cui il Centro Studi Sereno Regis di Torino, che stanno sostenendo la mobilitazione partita dai lavoratori del porto che, nei mesi scorsi, come si legge nella lettera, hanno “impedito l’imbarco di materiale bellico diretto in Arabia Saudita e destinato alla guerra in Yemen. Analoghe manifestazioni a sostegno del blocco del traffico di armi si sono tenute in altri porti europei (Le Havre e Marsiglia, ancora prima a Bilbao)”.
“I venti di guerra però non si sono fermati – continua la lettera del CALP – come dimostrano benissimo gli sviluppi drammatici legati alle guerre in Siria, al conflitto libico e all’aggressione statunitense in Iraq. Sono conflitti sanguinosi che mietono vittime giornalmente, devastano territori, spingono migliaia di persone ad abbandonare i loro paesi per emigrare. Il complesso militare industriale è tra i molti responsabili di questa escalation”.
La Bahri Yanbu, una nave carica di armi, avrebbe dovuto arrivare ieri al porto di Genova, ma al momento sulla app Vessel Finder risulta al largo del Portogallo. I lavoratori intanto proseguono la mobilitazione chiamando “tutta la città solidale a unirsi a noi per bloccare l’ennesimo traffico di morte” in nome della pace tra i popoli.